Leggo "ERNESTINA "
Dopo il video il testo.
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ERNESTINA (versione del 24.5.2010)
Liberamente tratto da una storia vera.
Il vecchietto stava inginocchiato davanti a quella
lapide.
Superata l'infanzia con le sue dottrine
parrocchiali, non si era mai più inginocchiato davanti a nessuno.
Mai avrebbe pensato di arrivare a farlo all'età di 84 anni davanti a
quella lapide.
L'impresa edile nella quale lavoravo stava
ristrutturando una zona del cimitero monumentale della Certosa di
Bologna. Dirigendo i lavori ero quasi tutti i giorni sul posto.
All'inizio non ci avevo fatto caso. Me lo fecero osservare alcuni
operai che avevano notato questa devozione costante. Tutti i giorni
questo signore veniva a visitare la tomba portando dei fiori freschi
che sistemava con rituale maniacale.
Dopo qualche giorno, la curiosità ci vinse, e
andammo a vedere chi era l'oggetto di tanta attenzione. Rimanemmo
parzialmente delusi. Speravamo di trovare chissà quale storia e
invece si trattava di una tale Ernestina Fabbri nata il 15 agosto
1920 e morta il 25 giugno 1982. Niente di che. La foto utilizzata la
ritraeva ancora molto giovane e decisamente molto bella.. Unica
stranezza la frase di rito incisa sulla lapide che, al contrario di
citare figli e parenti che la ricordano e la compiangono per quanto
aveva fatto di buono in vita, diceva :
"Mai dimenticai i tuoi insegnamenti e la
passione nel trasmetterli a tutti. Con il rimpianto di averti persa
troppo presto."
Pensammo che fosse un'insegnante di scuola con un
alunno molto devoto… ma forse no. Comunque non sapendo ancora l'età
dell'uomo diventava difficile capirlo.
Questa storia andava avanti già da tre settimane ed
era diventata oggetto di discussioni tra di noi per darne una
interpretazione.
Avremmo dovuto chiedere direttamente, ma nessuno ne
aveva il coraggio. E se non ci fosse stato nulla ? Saremmo rimasti
male. Meglio non chiedere.
Nulla si mosse fino a che il più anziano degli
operai, il più taciturno, ormai prossimo alla pensione decise di
agire. Un giorno nell'intervallo del pranzo ci disse che non sarebbe
venuto al ristorante con noi, non aveva molta fame e si sarebbe
accontentato se gli avessimo portato un panino.
Tornati dal ristorante lo trovammo che stava finendo
di lavorare intorno alla tomba di Ernestina. Zitto zitto aveva deciso
di fare un regalo a entrambi. Ventidue anni di sepoltura avevano
oscurato la bella lapide, opacizzato la foto, qualche spigolo di
marmo era saltato e Giulio, l’operaio, aveva deciso di dargli una
rinfrescata a sue spese. Nel poco tempo a disposizione aveva iniziato
a lucidare la lapide e al momento di riprendere il lavoro del
pomeriggio si notava chiaramente la parte pulita.
Il nostro misterioso visitatore veniva sempre di
mattina e la mattina dopo si accorse subito che qualcosa era
cambiato. Io non c'ero, richiamato in sede. Ma gli operai mi
raccontarono tutto.
Non appena vide la tomba scoppiò in un pianto
commosso. Diede un bacio alla foto di Ernestina e poi si voltò
intorno spaesato ed interrogativo.
Incrociò il volto di Giulio, capì chi era stato e
gli fece un saluto con il capo. Si rigirò verso la tomba e riprese
le sue quotidiane attività girandosi ogni tanto ad osservare gli
operai.
La sera gli operai arrivarono tardi a casa.
La mattina dopo ero presente anche io quando il
nostro uomo passò davanti alla tomba, diede un'occhiata e vide il
lavoro finito.
Si girò verso di noi salutandoci con un gesto della
mano. Rimanemmo quasi male perché ci aspettavamo un ringraziamento
più corposo.
Vista questa attività gli operai dipendenti del
cimitero ci iniziarono a chiedere cosa stava accadendo. Messi al
corrente gli chiedemmo di fare delle indagini. Ci spiegarono che
Ernestina era sepolta lì da dieci anni e a quanto si ricordavano
proveniva da un piccolo cimitero della provincia.
Il posto non era lontano, coperto dalla complicità
degli operai e spinto dalla curiosità, una mattina decisi di recarmi
sul posto a indagare.
Scoprii così l'umile tomba dove era stata sepolta a
spese del piccolo comune. Il custode del cimitero si ricordava ancora
quando venne portata via dopo essere rimasta inosservata dieci anni
in quel cimitero.
Non capiva cosa fosse successo allora. Ma data la
inusualità della situazione, ne rammentava ancora la storia,.
Capitò infatti che arrivasse questo ometto, il
nostro misterioso vecchietto, a fare una indagine. Stava cercando nei
cimiteri della provincia una tal Ernestina Fabbri. I dati erano
ancora tutti cartacei e fare una ricerca fu molto difficile.
L'impiegato del comune glielo mise in mano un po’ per toglierselo
dal mezzo e un po’ perché faceva tenerezza.
Dopo aver controllato a lungo i registri venne
trovata. Era stata seppellita nell'angolo più nascosto del cimitero,
nella zona di quelli seppelliti a spese del comune con solo una
croce, il nome e niente fotografia.
Quando la ritrovò, proseguì il custode, fu come se
avesse vissuto fino allora solo per questo. Si inginocchiò e si mise
a piangere fino a che ebbe lacrime.
Il giorno dopo lui era sempre lì, che piovesse,
nevicasse. Noi restammo in quel cantiere diversi mesi e lui non
sgarrò un giorno. Almeno fino al 15 gennaio, giovedì quando per la
prima volta non venne. Non lo vedemmo neanche venerdì. Sabato e
domenica non lavoravamo e io non resistetti ad aspettare fino al
lunedì e il sabato feci un salto a controllare. Ero preoccupato.
Arrivai e notai che era in corso un funerale.
Eravamo in un cimitero mi dissi, ma l'ansia mi assalì.
Avvicinandomi alla sepoltura di Ernestina le mie
paure ebbero conferma. Di fianco alla sua tomba stavano seppellendo
qualcuno. Arrivato di fianco alla fossa pur non volendolo non potei
non guardare la foto della lapide appoggiata a terra con la scritta –
Licinio Frassineti nato il 18 giugno 1919 e morto il 14 gennaio 2003.
Non era stata la sua maestra.
Era morto e lo stavano seppellendo di fianco alla
sua … , sua cosa ? pensai.
Non feci in tempo a considerarlo che uno dei
presenti, evidentemente scocciato dalla giornata persa al cimitero,
se ne uscì con questa frase : - Tutto questo per accontentare il
vecchio matto che ha voluto farsi seppellire vicino alla sua puttana
di gioventù…-
Normalmente molto calmo, ricordando Licinio, persi
immediatamente la pazienza e mi avventai su quell'individuo
urlandogli che cosa avesse voluto dire. Ci separarono subito e
l'individuo mi urlò che cosa volessi e ribadì che lui e tutti gli
altri lì presenti avevano dovuto sorbirsi il vecchio matto in giro
per cimiteri alla ricerca di quella puttana. Avrei voluto urlargli
quello che avevamo visto nei mesi passati, quello che mi aveva
raccontato il custode del cimitero. Ma visti gli sguardi dei presenti
desistetti e la rabbia fece posto al dolore.
Un amore così grande non poteva essere raccontato.
Dopo tanti anni Licinio aveva voluto tributare un
riconoscimento al suo grande amore perduto di gioventù. Alla ragazza
che lo aveva iniziato al sesso e della quale si era innamorato
perdutamente. La ragazza che avrebbe voluto smettere di fare la
puttana per scappare con lui. Che lui aveva dovuto lasciare perché
la famiglia tollerava che la frequentasse ma solo per sfogare i
propri istinti. Ma a lui non bastava e lei venne fatta allontanare
perché non rendeva più.
L'avrebbe ritrovata solo in quel cimitero di
periferia.
Dopo averla cercata un'intera vita.
SERATA IN VILLA - 28 gennaio 2011
Leggo "Inverno complice"
Dopo il video il testo.
INVERNO
COMPLICE (versione del 20.8.2013)
Serataccia.
Questo mi
si prospettava.
A 17 anni
la sera fuori con mio padre al vernissage di un nuovo artista.
Per di più lasciando a
casa la playstation inutilizzata.
“Devi
venire come me”. Aveva detto mio padre.
La scelta
del verbo devi non era casuale. Non potevo rifiutare.
Mi
ricattava !!!
“Altrimenti
sabato prossimo non ti accompagno a Imola alla festa a cui tieni
tanto”.
E me lo
ricordava ormai da una settimana come un mantra, di continuo.
Si
illudeva che alla fine mi sarebbe nato il pallino dell'arte. See !!
“L'arte
ci distingue dagli animali”. Mi diceva da sempre.
“Altrimenti
non saremmo altro che scimmie senza peli”.
Stavo
quasi per chiamare il telefono azzurro.
Nei miei
17 anni non mi fregava nulla dell'arte, delle scimmie, e né di quasi
niente d'altro.
...
cioè…a dir la verità…, c'era una cosa..., un'unica cosa che mi
interessava… ma... a quella serata, niente, non ce n’era, quindi
niente.
Purtroppo
il telefono azzurro interruppe la comunicazione e dovetti andare.
Mi
ritrovai seduto in prima fila con mio padre che mi faceva spallucce e
si gonfiava come un tacchino contento di esibirmi come un trofeo.
Facevano
anche delle foto, e magari, vedi mai, non saranno, speriamo di no,
anche capaci di metterle su facebook !!!
Un
signore distinto e professionale presentò la serata. Fece una
scaletta dettagliata di quello che avremmo visto e ascoltato.
L'unica
cosa buona per me si prospettava alla fine. Un buffet appetitoso,
almeno a sentire la bella signora, ci avrebbe ristorato alla
conclusione.
Passata
la parola al curatore della mostra mi assentai completamente.
Dopo una
breve relazione di un critico dovetti anche ascoltare la lettura di
alcuni racconti, che non l'avrei mai ammesso pubblicamente, non erano
poi niente male.
Sembrava
finita, ma il genitore non aveva intenzione di andare a casa e mi
spedì in giro.
Così
dopo aver inforcato le cuffiette girovagai tra le opere esposte al
ritmo del mio lettore mp3 in modalità random (a casaccio).
I quadri,
nonostante la mia prevenzione istituzionale, erano… belli. Non ne
avrei mai parlato vantandomene a scuola ma qualcosa in quei colori mi
attirò.
Tanto che
alla fine mi soffermai a guardarne uno in particolare.
Il titolo
era Inverno.
Ritraeva
un paesaggio innevato, lo scorcio di un bosco, la neve ghiacciata
sulle foglie.
Nella
bianca distesa a terra si notavano solo alcune impronte.
Il
passaggio di qualcuno.
Un ormai
lontano e solitario camminatore.
Lo
immaginavo mentre faticava ad ogni passo.
Potevo
quasi sentire il freddo che aveva patito.
Mi
ritrovai a pensare a quello che poteva averlo spinto ad attraversare
quella landa desolata.
Stava
scappando da qualcosa o qualcuno o era un semplice cacciatore alla
ricerca di prede ?
E come
non notare il cielo che in lontananza volgeva all'azzurro, era il
principio del risveglio della natura dopo un lungo inverno o dopo una
impetuosa tormenta di neve ?
Mentre
queste domande mi rimbalzavano tra i neuroni, all'improvviso colsi
che... stavo realizzando... l’inconcepibile desiderio di mio padre
?!?!?!
Che stavo
facendo ? Interpretavo il quadro ? Mi aveva colpito a tal punto ?
Tanto più
da non accorgermi della presenza di fianco a me. Una stupenda
fanciulla all'incirca della mia età stava fissandomi sorridendo.
Da quanto
mi stava osservando ? E da dove era sbucata fuori ?
Non
potevo crederci, un’incantevole ragazza rimirava il dipinto assieme
a me.
Vidi che
apriva la bocca, ma alle mie orecchie occupate dall' mp3 di turno,
arrivò il nulla.
Disse
qualcosa d'altro e dai movimenti mimati delle sue mani capii che mi
chiedeva di togliermi le cuffiette dalle orecchie. Ubbidii senza
fiatare.
“Ti
piace ?” mi chiese. Inverno era decisamente diventato il mio idolo.
Passammo il resto della serata insieme. Commentando tutti i quadri
esposti, nessuno escluso. Ci facemmo fotografare insieme a tutti i
dipinti e in tutte le pose.
Ci
assicurarono, chiesi conferma varie volte, che avremmo visto le foto
sia su facebook sia sul loro sito internet.
Mangiammo
avidamente le squisite leccornie alla fine della serata.
E infine,
purtroppo, ci salutammo ma solo perché il proprietario voleva
chiudere e andarsene giustamente a casa.
Ci
vedemmo ancora, ad altre mostre, e in tante occasioni.
Imparai
ad apprezzare anche altre attività artistiche, e non.
E non me
distaccai più.
Non
glielo dissi mai, solo per non dargli soddisfazione, ma mio padre
quella sera aveva visto giusto.
E adesso
sono qui con mio figlio. Anche lui ha altri interessi.
Anche lui
mi accompagna sotto ricatto.
Ma è già
più bravo di me.
Forse
dalla mamma non ha preso solo i capelli castani, ma anche la passione
per la scrittura che quella giovane donna coltivava.
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