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SERATA IN VILLA - 28 maggio 2010
Leggo "ERNESTINA "
Dopo il video il testo.

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ERNESTINA (versione del 24.5.2010)
Liberamente tratto da una storia vera.

Il vecchietto stava inginocchiato davanti a quella lapide.
Superata l'infanzia con le sue dottrine parrocchiali, non si era mai più inginocchiato davanti a nessuno. Mai avrebbe pensato di arrivare a farlo all'età di 84 anni davanti a quella lapide.
L'impresa edile nella quale lavoravo stava ristrutturando una zona del cimitero monumentale della Certosa di Bologna. Dirigendo i lavori ero quasi tutti i giorni sul posto. All'inizio non ci avevo fatto caso. Me lo fecero osservare alcuni operai che avevano notato questa devozione costante. Tutti i giorni questo signore veniva a visitare la tomba portando dei fiori freschi che sistemava con rituale maniacale.
Dopo qualche giorno, la curiosità ci vinse, e andammo a vedere chi era l'oggetto di tanta attenzione. Rimanemmo parzialmente delusi. Speravamo di trovare chissà quale storia e invece si trattava di una tale Ernestina Fabbri nata il 15 agosto 1920 e morta il 25 giugno 1982. Niente di che. La foto utilizzata la ritraeva ancora molto giovane e decisamente molto bella.. Unica stranezza la frase di rito incisa sulla lapide che, al contrario di citare figli e parenti che la ricordano e la compiangono per quanto aveva fatto di buono in vita, diceva :
"Mai dimenticai i tuoi insegnamenti e la passione nel trasmetterli a tutti. Con il rimpianto di averti persa troppo presto."
Pensammo che fosse un'insegnante di scuola con un alunno molto devoto… ma forse no. Comunque non sapendo ancora l'età dell'uomo diventava difficile capirlo.
Questa storia andava avanti già da tre settimane ed era diventata oggetto di discussioni tra di noi per darne una interpretazione.
Avremmo dovuto chiedere direttamente, ma nessuno ne aveva il coraggio. E se non ci fosse stato nulla ? Saremmo rimasti male. Meglio non chiedere.
Nulla si mosse fino a che il più anziano degli operai, il più taciturno, ormai prossimo alla pensione decise di agire. Un giorno nell'intervallo del pranzo ci disse che non sarebbe venuto al ristorante con noi, non aveva molta fame e si sarebbe accontentato se gli avessimo portato un panino.
Tornati dal ristorante lo trovammo che stava finendo di lavorare intorno alla tomba di Ernestina. Zitto zitto aveva deciso di fare un regalo a entrambi. Ventidue anni di sepoltura avevano oscurato la bella lapide, opacizzato la foto, qualche spigolo di marmo era saltato e Giulio, l’operaio, aveva deciso di dargli una rinfrescata a sue spese. Nel poco tempo a disposizione aveva iniziato a lucidare la lapide e al momento di riprendere il lavoro del pomeriggio si notava chiaramente la parte pulita.
Il nostro misterioso visitatore veniva sempre di mattina e la mattina dopo si accorse subito che qualcosa era cambiato. Io non c'ero, richiamato in sede. Ma gli operai mi raccontarono tutto.
Non appena vide la tomba scoppiò in un pianto commosso. Diede un bacio alla foto di Ernestina e poi si voltò intorno spaesato ed interrogativo.
Incrociò il volto di Giulio, capì chi era stato e gli fece un saluto con il capo. Si rigirò verso la tomba e riprese le sue quotidiane attività girandosi ogni tanto ad osservare gli operai.
La sera gli operai arrivarono tardi a casa.
La mattina dopo ero presente anche io quando il nostro uomo passò davanti alla tomba, diede un'occhiata e vide il lavoro finito.
Si girò verso di noi salutandoci con un gesto della mano. Rimanemmo quasi male perché ci aspettavamo un ringraziamento più corposo.
Vista questa attività gli operai dipendenti del cimitero ci iniziarono a chiedere cosa stava accadendo. Messi al corrente gli chiedemmo di fare delle indagini. Ci spiegarono che Ernestina era sepolta lì da dieci anni e a quanto si ricordavano proveniva da un piccolo cimitero della provincia.
Il posto non era lontano, coperto dalla complicità degli operai e spinto dalla curiosità, una mattina decisi di recarmi sul posto a indagare.
Scoprii così l'umile tomba dove era stata sepolta a spese del piccolo comune. Il custode del cimitero si ricordava ancora quando venne portata via dopo essere rimasta inosservata dieci anni in quel cimitero.
Non capiva cosa fosse successo allora. Ma data la inusualità della situazione, ne rammentava ancora la storia,.
Capitò infatti che arrivasse questo ometto, il nostro misterioso vecchietto, a fare una indagine. Stava cercando nei cimiteri della provincia una tal Ernestina Fabbri. I dati erano ancora tutti cartacei e fare una ricerca fu molto difficile. L'impiegato del comune glielo mise in mano un po’ per toglierselo dal mezzo e un po’ perché faceva tenerezza.
Dopo aver controllato a lungo i registri venne trovata. Era stata seppellita nell'angolo più nascosto del cimitero, nella zona di quelli seppelliti a spese del comune con solo una croce, il nome e niente fotografia.
Quando la ritrovò, proseguì il custode, fu come se avesse vissuto fino allora solo per questo. Si inginocchiò e si mise a piangere fino a che ebbe lacrime.
Il giorno dopo lui era sempre lì, che piovesse, nevicasse. Noi restammo in quel cantiere diversi mesi e lui non sgarrò un giorno. Almeno fino al 15 gennaio, giovedì quando per la prima volta non venne. Non lo vedemmo neanche venerdì. Sabato e domenica non lavoravamo e io non resistetti ad aspettare fino al lunedì e il sabato feci un salto a controllare. Ero preoccupato.
Arrivai e notai che era in corso un funerale. Eravamo in un cimitero mi dissi, ma l'ansia mi assalì.
Avvicinandomi alla sepoltura di Ernestina le mie paure ebbero conferma. Di fianco alla sua tomba stavano seppellendo qualcuno. Arrivato di fianco alla fossa pur non volendolo non potei non guardare la foto della lapide appoggiata a terra con la scritta – Licinio Frassineti nato il 18 giugno 1919 e morto il 14 gennaio 2003. Non era stata la sua maestra.
Era morto e lo stavano seppellendo di fianco alla sua … , sua cosa ? pensai.
Non feci in tempo a considerarlo che uno dei presenti, evidentemente scocciato dalla giornata persa al cimitero, se ne uscì con questa frase : - Tutto questo per accontentare il vecchio matto che ha voluto farsi seppellire vicino alla sua puttana di gioventù…-
Normalmente molto calmo, ricordando Licinio, persi immediatamente la pazienza e mi avventai su quell'individuo urlandogli che cosa avesse voluto dire. Ci separarono subito e l'individuo mi urlò che cosa volessi e ribadì che lui e tutti gli altri lì presenti avevano dovuto sorbirsi il vecchio matto in giro per cimiteri alla ricerca di quella puttana. Avrei voluto urlargli quello che avevamo visto nei mesi passati, quello che mi aveva raccontato il custode del cimitero. Ma visti gli sguardi dei presenti desistetti e la rabbia fece posto al dolore.
Un amore così grande non poteva essere raccontato.

Dopo tanti anni Licinio aveva voluto tributare un riconoscimento al suo grande amore perduto di gioventù. Alla ragazza che lo aveva iniziato al sesso e della quale si era innamorato perdutamente. La ragazza che avrebbe voluto smettere di fare la puttana per scappare con lui. Che lui aveva dovuto lasciare perché la famiglia tollerava che la frequentasse ma solo per sfogare i propri istinti. Ma a lui non bastava e lei venne fatta allontanare perché non rendeva più.
L'avrebbe ritrovata solo in quel cimitero di periferia.
Dopo averla cercata un'intera vita.


SERATA IN VILLA - 28 gennaio 2011
Leggo "Inverno complice"
Dopo il video il testo.


INVERNO COMPLICE (versione del 20.8.2013)



Serataccia.
Questo mi si prospettava.
A 17 anni la sera fuori con mio padre al vernissage di un nuovo artista.
Per di più lasciando a casa la playstation inutilizzata.
“Devi venire come me”. Aveva detto mio padre.
La scelta del verbo devi non era casuale. Non potevo rifiutare.
Mi ricattava !!!
“Altrimenti sabato prossimo non ti accompagno a Imola alla festa a cui tieni tanto”.
E me lo ricordava ormai da una settimana come un mantra, di continuo.
Si illudeva che alla fine mi sarebbe nato il pallino dell'arte. See !!
“L'arte ci distingue dagli animali”. Mi diceva da sempre.
“Altrimenti non saremmo altro che scimmie senza peli”.
Stavo quasi per chiamare il telefono azzurro.
Nei miei 17 anni non mi fregava nulla dell'arte, delle scimmie, e né di quasi niente d'altro.
... cioè…a dir la verità…, c'era una cosa..., un'unica cosa che mi interessava… ma... a quella serata, niente, non ce n’era, quindi niente.
Purtroppo il telefono azzurro interruppe la comunicazione e dovetti andare.
Mi ritrovai seduto in prima fila con mio padre che mi faceva spallucce e si gonfiava come un tacchino contento di esibirmi come un trofeo.
Facevano anche delle foto, e magari, vedi mai, non saranno, speriamo di no, anche capaci di metterle su facebook !!!
Un signore distinto e professionale presentò la serata. Fece una scaletta dettagliata di quello che avremmo visto e ascoltato.
L'unica cosa buona per me si prospettava alla fine. Un buffet appetitoso, almeno a sentire la bella signora, ci avrebbe ristorato alla conclusione.
Passata la parola al curatore della mostra mi assentai completamente.
Dopo una breve relazione di un critico dovetti anche ascoltare la lettura di alcuni racconti, che non l'avrei mai ammesso pubblicamente, non erano poi niente male.
Sembrava finita, ma il genitore non aveva intenzione di andare a casa e mi spedì in giro.
Così dopo aver inforcato le cuffiette girovagai tra le opere esposte al ritmo del mio lettore mp3 in modalità random (a casaccio).
I quadri, nonostante la mia prevenzione istituzionale, erano… belli. Non ne avrei mai parlato vantandomene a scuola ma qualcosa in quei colori mi attirò.
Tanto che alla fine mi soffermai a guardarne uno in particolare.
Il titolo era Inverno.
Ritraeva un paesaggio innevato, lo scorcio di un bosco, la neve ghiacciata sulle foglie.
Nella bianca distesa a terra si notavano solo alcune impronte.
Il passaggio di qualcuno.
Un ormai lontano e solitario camminatore.
Lo immaginavo mentre faticava ad ogni passo.
Potevo quasi sentire il freddo che aveva patito.
Mi ritrovai a pensare a quello che poteva averlo spinto ad attraversare quella landa desolata.
Stava scappando da qualcosa o qualcuno o era un semplice cacciatore alla ricerca di prede ?
E come non notare il cielo che in lontananza volgeva all'azzurro, era il principio del risveglio della natura dopo un lungo inverno o dopo una impetuosa tormenta di neve ?
Mentre queste domande mi rimbalzavano tra i neuroni, all'improvviso colsi che... stavo realizzando... l’inconcepibile desiderio di mio padre ?!?!?!
Che stavo facendo ? Interpretavo il quadro ? Mi aveva colpito a tal punto ?
Tanto più da non accorgermi della presenza di fianco a me. Una stupenda fanciulla all'incirca della mia età stava fissandomi sorridendo.
Da quanto mi stava osservando ? E da dove era sbucata fuori ?
Non potevo crederci, un’incantevole ragazza rimirava il dipinto assieme a me.
Vidi che apriva la bocca, ma alle mie orecchie occupate dall' mp3 di turno, arrivò il nulla.
Disse qualcosa d'altro e dai movimenti mimati delle sue mani capii che mi chiedeva di togliermi le cuffiette dalle orecchie. Ubbidii senza fiatare.
“Ti piace ?” mi chiese. Inverno era decisamente diventato il mio idolo. Passammo il resto della serata insieme. Commentando tutti i quadri esposti, nessuno escluso. Ci facemmo fotografare insieme a tutti i dipinti e in tutte le pose.
Ci assicurarono, chiesi conferma varie volte, che avremmo visto le foto sia su facebook sia sul loro sito internet.
Mangiammo avidamente le squisite leccornie alla fine della serata.
E infine, purtroppo, ci salutammo ma solo perché il proprietario voleva chiudere e andarsene giustamente a casa.
Ci vedemmo ancora, ad altre mostre, e in tante occasioni.
Imparai ad apprezzare anche altre attività artistiche, e non.
E non me distaccai più.

Non glielo dissi mai, solo per non dargli soddisfazione, ma mio padre quella sera aveva visto giusto.
E adesso sono qui con mio figlio. Anche lui ha altri interessi.
Anche lui mi accompagna sotto ricatto.
Ma è già più bravo di me.
Forse dalla mamma non ha preso solo i capelli castani, ma anche la passione per la scrittura che quella giovane donna coltivava.





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