LA
PALESTRA
Sabato
pomeriggio in palestra. Invece dello shopping e meglio delle pulizie
di casa… . La mia amica Maria mi aveva convinto ad iscrivermi.
Giusto per fare un po’ di movimento. Mi aveva detto. Ma perché
andarci così tardi. E fare tutto di corsa perché la palestra stava
per chiudere.
Era
sempre stata lei a proporre, ad organizzare. Amiche da sempre anche
per quello. Io quella tranquilla e pacata, a volte anche noiosa. Lei
sempre in accelerazione sulla vita. Mi faceva comunque bene vederla
adesso che ero anche sola.
“andiamo
in palestra, facciamo un po’ di moto che ci fa bene … e ci tira
su l’umore”.
D’accordo
sul moto, ma essere le più anziane presenti non mi alzava molto il
morale.
Forse
un tempo eravamo state desiderate e desiderabili ?
E chi se lo
ricorda più. Comunque quel tempo era passato, almeno per me.
“Non
fare la musona, dai un’occhiatina a quei bei ragazzi”
“Ma
dai, potrebbero essere nostri figli” ribattevo io, vergognandomi di
averci comunque dato una sbirciata anche se solo per poter rispondere
all’amica.
“E
poi il movimento fisico aumenta la produzione di endorfine”
continuava sulla scia salutista Maria. Eravamo alla fine dei venti
minuti di bicicletta e parlava, parlava, in continuazione. Non so
come facesse. Tra la stanchezza e le sue parole il risultato fu di
farmi estraniare. Di farmi perdere in una trance di flashback. Come
quando… il ricordo dei tempi passati ritornava prepotente. Nel mio
avere vent’anni c’era stato tutto e niente. Allora non c’erano
queste palestre. Noi donne stavamo di più in casa. E davamo retta ai
consigli della mamma.
“Patrizia…
Patrizia” sentii urlare Maria.
“… cosa
c’è?” risposi con voce impastata, come se mi avesse appena
svegliato.
“ti
eri distratta guardando i ragazzi eh ?” mi disse con lo stesso tono
che avrebbe avuto scoprendomi con le dita nella marmellata.
“mmm…”
farfugliai qualcosa senza senso per perdere tempo, in effetti mi resi
conto di essermi incantata a fissare i due ragazzi rimasti.
Ridacchiavano tra loro guardandomi. Ritenevo che si stessero burlando
di me.
Mi
girai verso la mia amica “no, no, tutto questo movimento per farci
apparire giovani … mi ha fatto ripensare a quando avevamo l’età
di quei ragazzi. Mi ero incantata mentre pensavo alla nostra gioventù
così diversa”
“La
sera non potevamo uscire, la messa alla domenica come unico momento
di vera socializzazione con i nostri sguardi che si incrociavano con
quelli dei ragazzi.”
“e
poi il prete che ci riprendeva dicendoci che le signorine non devono
fare le vanesie!!!” urlò Maria
“vanesie
!!! Sta parola non la sentivo da quarant’anni, da dove l’hai
tirata fuori Maria?”
“Don
Carlo mi ha cresciuto con le sue reprimende. A proposito ti ricordi
di quel cappellano giovane e carino che ci mangiavamo con gli occhi
???”
“certo,
ricordo anche che andò via senza salutare, così, all’improvviso
mentre avrebbe dovuto rimanere da noi …” non riuscii a
proseguire. Un’improvvisa associazione mentale mi balenò in mente.
Guardai
la mia amica. Eravamo ormai scese dalle biciclette e ci eravamo
accomodate sudate ed ansimanti, sulla panca per gli addominali. Mi
fissava senza dire nulla con quel suo fare furbetto che aveva sempre
avuto, da gatto che si è appena mangiato il topo.
“Non
puoi aver fatto quello che penso che tu abbia fatto” dissi con poca
convinzione.
“Il
cappellano con lo zio Vescovo, avviato alla carriera ecclesiastica,
proprio lui. Il parroco ci sorprese nella sua camera. Non era ancora
pronto a rinunciare alla carne. Anzi direi che gli piaceva proprio
tanto…” rimarcò soddisfatta Maria.
“ma
… come hai potuto farlo, e non dirmelo mai tutti questi anni ?”
“anche
io avevo una cotta per quel ragazzo, ma non mi sarei permessa …,
come hai potuto ? era quasi un prete !!!”
“cara
Patrizia, ti facevi troppi problemi allora come adesso. Io volevo
godermi la giovinezza e me la sono goduta”
“quel
cappellano piaceva a tutte ma solo io sono andata in camera sua, voi
avevate paura di quello che avrebbero detto mammina e la gente”
“rimani
vergine fino al matrimonio, concediti solo la prima notte di nozze, e
solo per fare figli, ma quante ce ne dicevano allora ?”
Guardavo
la mia amica e non la riconoscevo più mentre lei imperterrita andava
avanti.
“perché,
mi sono sempre domandata, perché gli uomini potevano fare quello che
volevano, mentre noi povere verginelle dovevamo aspettare il principe
azzurro e lunghi e pallosi fidanzamenti mano nella mano ?”
Mentre
ascoltavo il Maria pensiero, pensavo, inebetita, a tutti i problemi
che mi ero fatta allora. Ero stata nel giusto ad aspettare, non
cadere in tentazione o aveva fatto bene la mia amica a godersela ?
“tu
hai aspettato il principe azzurro e alla fine ti sei dovuta
accontentare per non rimanere sola”
“ma
cosa dici” stava esagerando e non ne capivo il motivo, mi alzai per
andarmene ma lei mi trattenne.
“perché,
non è vero? adesso dov’è il tuo uomo?”
Era
un colpo basso, ma colpiva nel segno. Mi ero separata da una decina
di anni scoprendo che andava a puttane, spendendo tutti i nostri
soldi.
“hai
aspettato il tuo uomo ideale per scoprire che non lo era poi così
tanto”
Non
seppi ribattere. Sapeva che questo pensiero mi aveva accompagnato
tutta la vita. Aspettare l’uomo ideale lasciando perdere storie
prima e anche dopo al matrimonio. Tutto perché credevo che fosse
giusto fare così. Non ne so neanche davvero il motivo. Forse solo
perché mi era stato detto che si doveva fare in questo modo.
Nonostante che mio marito non fosse mai a casa e ci provasse con
tutte.
“non
fare quella faccia triste, la vita non è ancora finita…”
La
guardai, aveva nuovamente il viso da gatto, ma stavolta prima di
mangiarsi il topo.
“tu
pensavi che fossimo venute in palestra all’ora della chiusura per
fare ginnastica…”
Mi
sembrò di scorgere un gesto, lieve, con gli occhi, rivolto ai due
ragazzi seduti all’altro lato della palestra.
Ma
cosa pensavo, scacciai il concetto “cosa vuoi dire?” le chiesi
mentre mi aumentavano i battiti del cuore ma non per la fatica.
“hai
mai fatto la sauna?” e stavolta fece davvero un esplicito richiamo
con la mano verso i ragazzi, che infatti si mossero subito verso di
noi.
“si,
ma che cosa vuoi dire, che cosa stai facendo?” mentre guardavo i
due ragazzi palestrati che ci si avvicinavano.
Facevo
finta di non capire quello che avevo inteso benissimo.
“ancora
non ci sei arrivata ?” disse infine Maria.
“andiamo
ragazzi, la mia amica è tanto che non fa una sauna e ne ha un gran
bisogno …”.