Tempi
1938
Giuseppe Rossi guardava fuori dalla
finestra della cucina di casa sua.
Impaurito da quello che succedeva
in piazza. In"Piazza Impero Italiano d'Etiopia”.
I suoi genitori erano dietro di lui
e guardavano atterriti il pestaggio che stava avvenendo poco lontano da loro.
A 8 anni certe cose non si
capivano, e certo non poteva capire quello che stava accadendo, ma comprendeva,
comprendeva bene che stavano facendo molto male a quel ragazzo di vent'anni.
Il ragazzo, a terra subiva pugni,
calci, sputi. Quegli uomini vestiti di nero urlavano, sbraitavano di tutto.
Come scimmie il branco alimentava la propria rabbia. Gli dimostravano tutto il
loro disprezzo e lo facevano capire anche a tutte le brave persone che
guardavano. Alcune imbarazzate, altre divertite, altre...indifferenti.
I genitori commentarono con una
parola, qualcosa che il piccolo Giuseppe non aveva mai sentito. Sussurravano
”...invertito”, o qualcosa del genere.
L'aggressione finì solo quando
arrivò la mamma del ragazzo. Si mise in mezzo prendendosi anche lei qualche
ultimo schiaffo.
Ma tanto bastò per farli smettere
"...ti lasciamo alla mammina, ma non ti fare più vedere in giro a
disturbare i veri uomini... ti lasciamo con la mammina..." il loro
linguaggio era povero, e giù risate.
Giuseppe di quell'età avrebbe
ricordato poco di più di quel solo episodio. Il piccolo paese dove abitavano
era al centro di niente, nel bene ma sicuramente nel male.
E di “Invertito” aveva capito che
non era una buona cosa, anche se ancora non sapeva cosa volesse dire.
Il ricordo dei genitori, che ne
parlavano facendosi il segno della croce, gli rimase per molto tempo.