lunedì 1 giugno 2015

INVERNO

AVVISO IMPORTANTE
Vista il tema affrontato, la lettura del racconto è sconsigliata a minorenni o a persone facilmente impressionabili.

Menzione speciale Concorso internazionale per racconti brevi Premio letterario “La Valle delle Storie”

INVERNO

Stella si trascinava sulle stanche gambe. La neve le arrivava fino al ginocchio e, pur essendo passati pochi minuti dalla sua fuga dal capanno in mezzo al bosco, era faticoso proseguire. I suoi aguzzini, stanchi, ubriachi d’alcool e di altre sostanze, erano crollati a terra senza far caso al lucchetto, aperto, nella catena di Stella. L’avevano legata in fretta e male. La porta d'accesso non era chiusa.
Non avrebbe voluto andarsene da sola. Sarebbe voluta scappare con le altre due ragazze. Ma i loro lucchetti non erano aperti. Le aveva lasciate dicendole che sarebbe tornata per liberarle.

Tutto era iniziato sei mesi prima. Aveva partecipato ad un concorso di bellezza nella sua Albania. I  vent’anni e le forme giuste avevano vinto. Gli organizzatori le avevano proposto una tournée in Italia.
In patria il lavoro non c'era e le avevano promesso che in Italia avrebbe trovato “sicuramente” qualcosa d’interessante. Conoscevano persone che cercavano ragazze giovani e di bell’aspetto per presentazioni di prodotti, per fare da hostess in fiere e cose del genere. Stella conosceva anche l’italiano e questo sarebbe servito.
“magari ti trovi un bel ragazzo italiano che ti sposa” le avevano buttato lì.
E di ragazzi italiani ne aveva trovato tanti. Per lo più erano ex-ragazzi molto cresciuti. Lei piaceva molto agli uomini e il lavoro in Italia non le sarebbe mai mancato.

mercoledì 25 febbraio 2015

Quello che le donne non dicono.

Questo il racconto che verrà letto il 2 marzo a Imola.


LA PALESTRA

 
Sabato pomeriggio in palestra. Invece dello shopping e meglio delle pulizie di casa… . La mia amica Maria mi aveva convinto ad iscrivermi. Giusto per fare un po’ di movimento. Mi aveva detto. Ma perché andarci così tardi. E fare tutto di corsa perché la palestra stava per chiudere.

Era sempre stata lei a proporre, ad organizzare. Amiche da sempre anche per quello. Io quella tranquilla e pacata, a volte anche noiosa. Lei sempre in accelerazione sulla vita. Mi faceva comunque bene vederla adesso che ero anche sola.

andiamo in palestra, facciamo un po’ di moto che ci fa bene … e ci tira su l’umore”.

D’accordo sul moto, ma essere le più anziane presenti non mi alzava molto il morale.

Forse un tempo eravamo state desiderate e desiderabili ? 
E chi se lo ricorda più. Comunque quel tempo era passato, almeno per me.
Non fare la musona, dai un’occhiatina a quei bei ragazzi”
Ma dai, potrebbero essere nostri figli” ribattevo io, vergognandomi di averci comunque dato una sbirciata anche se solo per poter rispondere all’amica.
E poi il movimento fisico aumenta la produzione di endorfine” continuava sulla scia salutista Maria. Eravamo alla fine dei venti minuti di bicicletta e parlava, parlava, in continuazione. Non so come facesse. Tra la stanchezza e le sue parole il risultato fu di farmi estraniare. Di farmi perdere in una trance di flashback. Come quando… il ricordo dei tempi passati ritornava prepotente. Nel mio avere vent’anni c’era stato tutto e niente. Allora non c’erano queste palestre. Noi donne stavamo di più in casa. E davamo retta ai consigli della mamma.

Patrizia… Patrizia” sentii urlare Maria.
“… cosa c’è?” risposi con voce impastata, come se mi avesse appena svegliato.
ti eri distratta guardando i ragazzi eh ?” mi disse con lo stesso tono che avrebbe avuto scoprendomi con le dita nella marmellata.

mmm…” farfugliai qualcosa senza senso per perdere tempo, in effetti mi resi conto di essermi incantata a fissare i due ragazzi rimasti. Ridacchiavano tra loro guardandomi. Ritenevo che si stessero burlando di me.

Mi girai verso la mia amica “no, no, tutto questo movimento per farci apparire giovani … mi ha fatto ripensare a quando avevamo l’età di quei ragazzi. Mi ero incantata mentre pensavo alla nostra gioventù così diversa”

La sera non potevamo uscire, la messa alla domenica come unico momento di vera socializzazione con i nostri sguardi che si incrociavano con quelli dei ragazzi.”
e poi il prete che ci riprendeva dicendoci che le signorine non devono fare le vanesie!!!” urlò Maria
vanesie !!! Sta parola non la sentivo da quarant’anni, da dove l’hai tirata fuori Maria?”
Don Carlo mi ha cresciuto con le sue reprimende. A proposito ti ricordi di quel cappellano giovane e carino che ci mangiavamo con gli occhi ???”

certo, ricordo anche che andò via senza salutare, così, all’improvviso mentre avrebbe dovuto rimanere da noi …” non riuscii a proseguire. Un’improvvisa associazione mentale mi balenò in mente.

Guardai la mia amica. Eravamo ormai scese dalle biciclette e ci eravamo accomodate sudate ed ansimanti, sulla panca per gli addominali. Mi fissava senza dire nulla con quel suo fare furbetto che aveva sempre avuto, da gatto che si è appena mangiato il topo.

Non puoi aver fatto quello che penso che tu abbia fatto” dissi con poca convinzione.

Il cappellano con lo zio Vescovo, avviato alla carriera ecclesiastica, proprio lui. Il parroco ci sorprese nella sua camera. Non era ancora pronto a rinunciare alla carne. Anzi direi che gli piaceva proprio tanto…” rimarcò soddisfatta Maria.

ma … come hai potuto farlo, e non dirmelo mai tutti questi anni ?”
anche io avevo una cotta per quel ragazzo, ma non mi sarei permessa …, come hai potuto ? era quasi un prete !!!”
cara Patrizia, ti facevi troppi problemi allora come adesso. Io volevo godermi la giovinezza e me la sono goduta”
quel cappellano piaceva a tutte ma solo io sono andata in camera sua, voi avevate paura di quello che avrebbero detto mammina e la gente”
rimani vergine fino al matrimonio, concediti solo la prima notte di nozze, e solo per fare figli, ma quante ce ne dicevano allora ?”

Guardavo la mia amica e non la riconoscevo più mentre lei imperterrita andava avanti.

perché, mi sono sempre domandata, perché gli uomini potevano fare quello che volevano, mentre noi povere verginelle dovevamo aspettare il principe azzurro e lunghi e pallosi fidanzamenti mano nella mano ?”

Mentre ascoltavo il Maria pensiero, pensavo, inebetita, a tutti i problemi che mi ero fatta allora. Ero stata nel giusto ad aspettare, non cadere in tentazione o aveva fatto bene la mia amica a godersela ?

tu hai aspettato il principe azzurro e alla fine ti sei dovuta accontentare per non rimanere sola”
ma cosa dici” stava esagerando e non ne capivo il motivo, mi alzai per andarmene ma lei mi trattenne.
perché, non è vero? adesso dov’è il tuo uomo?”
Era un colpo basso, ma colpiva nel segno. Mi ero separata da una decina di anni scoprendo che andava a puttane, spendendo tutti i nostri soldi.
hai aspettato il tuo uomo ideale per scoprire che non lo era poi così tanto”

Non seppi ribattere. Sapeva che questo pensiero mi aveva accompagnato tutta la vita. Aspettare l’uomo ideale lasciando perdere storie prima e anche dopo al matrimonio. Tutto perché credevo che fosse giusto fare così. Non ne so neanche davvero il motivo. Forse solo perché mi era stato detto che si doveva fare in questo modo. Nonostante che mio marito non fosse mai a casa e ci provasse con tutte.

non fare quella faccia triste, la vita non è ancora finita…”
La guardai, aveva nuovamente il viso da gatto, ma stavolta prima di mangiarsi il topo.
tu pensavi che fossimo venute in palestra all’ora della chiusura per fare ginnastica…”

Mi sembrò di scorgere un gesto, lieve, con gli occhi, rivolto ai due ragazzi seduti all’altro lato della palestra.

Ma cosa pensavo, scacciai il concetto “cosa vuoi dire?” le chiesi mentre mi aumentavano i battiti del cuore ma non per la fatica.

hai mai fatto la sauna?” e stavolta fece davvero un esplicito richiamo con la mano verso i ragazzi, che infatti si mossero subito verso di noi.

si, ma che cosa vuoi dire, che cosa stai facendo?” mentre guardavo i due ragazzi palestrati che ci si avvicinavano.

Facevo finta di non capire quello che avevo inteso benissimo.
ancora non ci sei arrivata ?” disse infine Maria.
andiamo ragazzi, la mia amica è tanto che non fa una sauna e ne ha un gran bisogno …”.

domenica 18 gennaio 2015

Il nostro due agosto (nero) 44 racconti sulla strage di Bologna raccolti e curati da Luca Martini

Il mio contributo a "un libro in cui si raccontano le sensazioni, le paure, gli odori, le speranze di quei drammatici momenti. Un libro a più voci."

Il 2 agosto 1980 ero un ragazzino quindicenne.
Al mio paesello si stava svolgendo la festa dell'amicizia. La corrispondente festa dell'unità della democrazia cristiana.
Si stavano già sperimentando le comunioni di intenti. Infatti, nella settimana successiva, le medesime strutture sarebbero state prese in carico dai comunisti per la loro festa dell'unità (e non sparivano bambini !!!).
Aveva un senso costruire qualcosa assieme e usarlo quando necessario.
I miei genitori erano volontari a tempo pieno alla festa, mia madre in cucina, mio padre tuttofare.
Io dovevo dare una mano, che non davo, e quella mattina eravamo tutti nel piazzale intitolato a J.F. Kennedy, mentre si stava preparando tutto per il pranzo.
Già si sentivano i profumi della carne alla griglia e del ragù fresco.
Allora non c'erano internet né i cellulari e le notizie arrivavano con l'Edizione Straordinaria del telegiornale, il mitico tg1.