giovedì 18 agosto 2005

IDENTITÀ’ CULTURALI

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“Svegliati Andrea !!!!!!!!!” gli urlò la moglie.

“è la terza volta che ti chiamo, arrivi in ritardo al lavoro anche oggi”

“hai fatto tardi ieri notte eh !”

“dove sei andato ?”

“a bere e a puttane scommetto”

Non ne poteva più di quella moglie rompiballe.

“falla finita, faccio quello che mi pare, che ti vada bene oppure no”

Oramai non la guardava più da tanto tempo.

Ma di sentirla… non poteva impedirglielo.

Si rotolò giù dal letto e via al lavoro.

Arrivò in ritardo e ormai il furgoncino che li portava al cantiere era partito senza di lui.

“Poco male”.

“mi farò un bel giro per la città”


Il furgone era partito in ritardo.

Avevano aspettato fino al limite possibile ma Andrea non era arrivato.

“Peggio per lui” aveva pensato il capocantiere dopo aver inutilmente provato a chiamarlo al telefono cellulare.

Sapeva che lo trattava con troppo riguardo.

Gli altri operai non erano contenti di questo trattamento di favore.

Lo aveva consigliato lui all’impresario.

“E un buon ragazzo, lo conosco da tanti anni, lavora e non fa storie” sapeva di mentire.

Ma lo doveva al padre.

Amico d’infanzia avevano fatto tutto assieme.

Anche quel giorno erano nello stesso cantiere.

Ubriaco.

Caduto da una impalcatura quando Andrea aveva 7 anni.

Fece un volo di 10 metri spaccandosi la colonna vertebrale.

Ogni tanto lo andava a trovare.

Disteso su di un letto.

Paralizzato dalla testa in giù.

Parlavano dei tempi andati.

E immancabilmente quando andava a trovarlo gli chiedeva di aiutare suo figlio Andrea.

Come poteva non farlo.


Bartolomeu era arrivato da due anni in Italia.

Entrato con un visto turistico non era più andato via.

Adesso era un irregolare.

Nel suo paese, la Romania, era un buon muratore e aveva trovato lavoro subito.

In nero naturalmente.

Quella mattina avevano aspettato, invano, che arrivasse Andrea, il cocco del capocantiere.

Sarebbero arrivati in ritardo sul lavoro un’altra volta.


“Dove sarà stato ieri sera ?”

pensava Laura la moglie di Andrea mentre preparava la colazione per i figli.

Alice di 17 anni e Matteo di 12.

Anche loro non facevano più caso ai litigi dei loro genitori


Non lo avevano aspettato e Andrea si sentiva libero di andare a trovare quella ragazza.

Barista in un locale vicino.

Con sua moglie del resto ormai non c’era più niente e “l’uomo deve pure sfogarsi” amava dire ai suoi amici.

Peccato che quella ragazza non fosse d’accordo sul progetto.

Lei, Lisa, di bell’aspetto e ci teneva molto.

Aveva sempre riscosso molti apprezzamenti.

Molto espansiva ed estroversa.

Ma faceva parte del suo lavoro.

Sicuramente questo aiutava ad attirare clienti nel suo bar.

Ma la cosa finiva lì.

Inizialmente Andrea fece delle velate avance.

“ma quanto sei bella”

“ma quanto sei simpatica”

Estremamente originali tra l’altro.

Aveva smesso di dargli confidenza ma non era servito.

Fino a quando, una sera, visto che non se andava più dal bar aveva chiamato i Carabinieri.

Si era incamminato verso casa con la coda tra le gambe e non era più tornato.

“Ma stamattina non si aspetta che la vada a trovare”.

“fa la ritrosa davanti a tutti, perché è innamorata” si era convinto con un ragionamento tutto suo.

Ma nel bar Lisa non c’era.

C’era invece la socia che appena capito chi era lo fulminò con lo sguardo.

“cosa vuoi” gli chiese seccamente e scocciata.

“magari ti piacerebbe, ma da te niente” disse con soddisfazione untuosa.

“stai calma, voglio solo un caffè…”

“ma dov’è Lisa ?”

“non sono affari tuoi !!!” e se ne andò dietro al banco lasciandolo solo con le sue fantasie.


“Nel pomeriggio dobbiamo continuare con quel muro faccia a vista” disse Luca il capocantiere tra un boccone e l’altro nella pausa pranzo.

Erano seduti ad un tavolo del ristorante che utilizzavano tutti i giorni.

“doveva farmelo Andrea…” lo diceva ad alta voce sperando che qualcuno si proponesse.

Non gli piaceva costringere nessuno anche perché, in verità, non c’era nessuno che potesse farlo decorosamente.

Già pensava all’architetto che gli avrebbe fatto una testa così per il ritardo nei lavori.

“Potrei farlo io” si propose timidamente Bartolomeu.

Luca non se lo aspettava.

Avevano preso il rumeno perché lo pagavano poco e al primo sgarro a casa.

Gli facevano fare i lavori più pesanti e semplici.

Decise di dargli un’opportunità.

“non se ne parla neanche, a me poi chi impasta la malta ???” fece eco con un vocione, rapportato alla stazza, il muratore Gianni.

“te la impasti da solo !!” disse secco Luca

Bartolomeu il lavoro lo conosceva bene, lo aveva imparato in Romania

A fine giornata il muro era venuto su che era una bellezza.

“complimenti, domani continui tu” gli assicurò il capocantiere.

Se ne andò via soddisfatto.

La sera usciva con due connazionali che aveva conosciuto tempo prima.

Matei e Zamfir.

Non è che gli piacessero tanto, ma erano gli unici amici che aveva e di necessità si deve fare virtù.


Lisa se ne stava andando a casa.

Era il suo giorno di riposo dal bar e il pomeriggio lo aveva passato facendo una lunga passeggiata per il centro di Roma.

La giornata ideale con sole e temperatura primaverile nonostante il calendario vedesse ancora affisso il mese di marzo.

Tour delle vetrine del centro.

Acquisto di un nuovo paio di scarpe.

E aveva notato che ancora non passava inosservata, e questo la lusingava. E perché non doveva essere così.

Si era infine concessa un enorme affogato al caffè.

Insomma “me lo sono proprio goduta” si era detta compiaciuta.

Ma aveva fatto tardi, e faceva buio presto in quel periodo dell’anno.

Quasi sotto a casa sua si accorse di essere seguita.


“Dai Bartolomeu, prova a dirle qualcosa, tu sei il più bravo a parlare in italiano.”

E mentre glielo dicevano sghignazzavano sguaiatamente.

“Ma smettetela, è da sola e gli facciamo paura.”

Prima di vedersi con il connazionale muratore avevano bevuto.

Anche se era da pochi minuti che erano in strada assieme era già pentito di essere uscito con loro.

Ci mancava anche una storiaccia adesso che era riuscito a farsi promuovere in cantiere.

Un niente e lo avrebbero espulso.

“ciao bellina” disse Matei in un italiano stentato.

Bartolomeu si era accorto come guardavano la ragazza davanti a loro.

Sembravano dei vaccari al mercato delle bestie.

Voleva andarsene via.

“e dai, non fare il santerellino che ti piace anche a te” disse Matei mentre lo teneva saldamente per un braccio.

“fermati bella biondina, vieni a conoscere Bartolomeu” proseguì l’altro


Lisa era abituata alle avance degli uomini.

Sapeva anche come difendersi… e, a parte Andrea quel muratore psicopatico, era sempre andato tutto bene.

Ma tre extracomunitari che gli urlavano dietro qualcosa, mezzi ubriachi e maleodoranti, Non sapeva come comportarsi.

L’istinto gli diceva di scappare.

La ragione di ascoltarli, di provare a trattarli da persone.

Del resto era in una zona semi-centrale di Roma, alle 7 di sera.

Non era nel Bronx con i guerrieri della notte in assetto di guerra.

Ce ne era uno, in particolare, che tirava indietro, anche carino.

Ma la situazione precipitò.


Bartolomeu era stanco e voleva andarsene.

“andiamocene via, lasciamolo stare” urlò loro.

Poi strattonò Matei cercando di divincolarsi e lo fece cadere a terra.

Con rabbia Matei si rialzò e fulminandolo con lo sguardo disse :

“adesso vedi cosa faccio a queste ragazzine italiane”

Girò lo sguardo verso Zamfir come per fare un segnale di via.

Zamfir, ormai a pochi metri da Lisa, fece un balzo e la abbrancò per un braccio.

Lisa iniziò a urlare.

Sul marciapiede, ormai scarsamente illuminato da pochi lampioni arrugginiti e smunti da troppi anni di lavoro, non c’era nessuno.

In lontananza una figura tornò indietro.

Le auto che passavano in strada non si fermavano.

Tutti chiusi nel bozzolo della loro vita privata.

Bartolomeu rimase basito. Non sapeva che fare.

Anche Matei aveva preso per l’altro braccio Lisa.

La stavano trascinando, cercavano un luogo appartato.

Mentre le mani ormai non toccavano più solo le braccia della sventurata.

La ragazza cercava di divincolarsi invano.

Urlava a squarciagola.

Nella colluttazione si strappò la camicetta lasciando intravedere il reggiseno di un colore fucsia.

Bartolomeu pensò alla sorella lasciata in patria e considerò che non avrebbe voluto che gli succedesse una cosa del genere.

Si buttò sui due connazionali mentre Lisa riuscì a divincolarsi e a farsi indietro di pochi passi fino ad appoggiarsi al muro del condominio adiacente.

Sentì una sirena lontana avvicinarsi sempre più.

Intanto i due bruti stavano menando Bartolomeu.

Calci e pugni al traditore gli dicevano.

“e tu stai lì che dopo arriviamo anche da te…” 

La sirena diventò di intensità sempre più alta fino a che una frenata annunciò che un’automobile dei Carabinieri era arrivata.

I due animali non se preoccupavano talmente era la foga con la quale stavano punendo Bartolomeu.

Gli agenti uscirono in fretta e provarono a dividerli, invano.

Dovettero aspettare che arrivasse un’altra pattuglia e allora in quattro ci fu verso di fermarli.

Manette a tutti e tre.

“quello lì mi ha aiutata, lasciatelo andare…” urlò Lisa ai carabinieri.

Arrivò un’ambulanza che prelevò la ragazza in preda ad un attacco isterico.

Aspettarono il cellulare e via anche i rumeni.


Al telegiornale della sera il fatto era diventato un fenomeno mediatico.

“TENTATIVO DI VIOLENZA DI TRE EXTRACOMUNITARI NEL PIENO CENTRO DI ROMA”

Le parti politiche prendevano posizione.

Le une contro le altre e mai nessuno che si prenda la briga di controllare qualcosa !!!

“Tutti fuori dall’Italia”

“In galera e devono starci”

Discussioni a non finire ai bar e per strada.

Opinioni ormai sentite e risentite.

Con questo spirito furono messi in cella i tre rumeni.

Bartolomeu sapeva bene che appena fosse stato accertato che era un irregolare sarebbe stato espulso.

Gli altri due erano invece preoccupati di cercare di dividere la colpa con Bartolomeu.

Non appena rimasero senza nessuno che li controllava presero Bartolomeu per le braccia e lo incollarono alla fredda parete di cemento della cella.

“tu dirai che lei ci ha chiamati e che voleva fare una cosa a tre” disse Matei in lingua rumena e con voce bassa ma terribilmente inquietante 

“ma non è vero, siete dei pazz…” con un mano Zamfir gli chiuse la bocca 

cominciò a sanguinare da un labbro

“vediamo di capirci, la versione che daremo deve essere questa, altrimenti finirai male” continuò Matei

“non ti crederanno comunque, per loro siamo solo degli sporchi e bastardi extracomunitari”


I carabinieri avevano registrato tutta la chiacchierata dei tre rumeni.

Li avevano messi insieme proprio perché parlassero.

Adesso c’era solo da aspettare il traduttore per capire se quello che la ragazza diceva aveva un fondamento di verità.


Andrea seppe del fatto successo a Lisa nella giornata successiva allorquando andò in cantiere.


Luca il capocantiere era preoccupatissimo, se Bartolomeu avesse detto che lavorava in nero avrebbe passato dei casini enormi.


Bartolomeu fu rilasciato la mattina dopo.

Gli altri due rimasero dentro con l’accusa pesantissima di tentata violenza carnale.

Non disse nulla del lavoro che faceva.

I carabinieri capirono.

Su alcuni giornali era già divenuto un eroe positivo.

Su altri si fecero dei distinguo….

Un extracomunitario onesto per una parte dell’opinione pubblica.

L’eccezione che conferma la regola … per altri.

Ma il decreto di espulsione che aveva in tasca gli pesava come un macigno.

“Sappiamo che non hai fatto nulla di male ma la legge è legge” gli disse il capitano dei carabinieri”

“se non te ne vai dovrai vivere nella clandestinità e alla prima occasione, al primo controllo in cui incapperai … verrai arrestato”

Lo sapeva e si chiedeva cosa avrebbe potuto fare.

Sapeva dove lavorava Lisa e volle immediatamente andare a ringraziarla di persona.

Al bar c’era anche Andrea che pure quella mattina non era andato al lavoro.

Voleva consolare Lisa, si era detto.

Il bar era assediato dalle telecamere e dai giornalisti accorsi come cavallette su di un campo maturo.

Lisa aveva voluto andare al lavoro.

“Per dimenticare la storiaccia della sera prima preferisco lavorare e tenermi impegnata” Aveva detto alla collega.

Quando arrivò questo ragazzo Lisa lo riconobbe subito nonostante la barba di due giorni, tutto stropicciato da una notte in cella, con il labbro rotto e vistose ecchimosi sulla faccia.

Anche i giornalisti capirono immediatamente.

Lo capì anche Andrea, che però non aveva ben inteso chi fosse davvero dei tre.

Forse perché aveva già bevuto troppo o forse perché non voleva capirlo, forse perché voleva dimostrare qualcosa a Lisa

Del resto si conoscevano bene per il lavoro in cantiere.

Fatto sta che gli si parò davanti in tono di sfida.

“maledetti extracomunitari, tornatevene a casa vostra”

“venite qui a rubarci il lavoro e insidiare le nostre donne”

Nel dire queste cose si avvicinò barcollando a Bartolomeu fino quasi a sfiorarlo sperando in un suo gesto fisico.

Il rumeno era stanco, preoccupato, disperato.

Avrebbe avuto tutte le giustificazioni morali per fare qualcosa, ma non si mosse.

Allora l’altro gli diede un buffetto sulla guancia, canzonandolo.

“vattene via sporco rumeno, vattene a casa tua dai vampiri e non tornare più”

Le telecamere stavano riprendendo tutto, alcuni canali avevano interrotto la programmazione per una diretta straordinaria.

La moglie di Andrea a casa stava piangendo, disperata.

Lisa allora si mosse frapponendosi tra i due uomini.

E urlò la sua rabbia rivolgendosi ad Andrea.

“vattene via tu sporco e inutile essere umano”

“vattene dalla tua famiglia”

“vattene a lavorare, parassitario italiano, invece di darti malato per farti pagare anche senza fare niente”

“l’unica malattia che hai è nel cervello”

“lui ieri sera ha preso le botte per difendermi e adesso dovrà davvero andarsene”

“se non lo avesse fatto, se fosse scappato adesso non si troverebbe in questa situazione”

si girò verso Bartolomeu

una riga di lacrime gli scendeva da entrambi gli occhi

“grazie”

“non so neppure il tuo nome, eppure ieri sera hai fatto quello che nessuno lì intorno stava facendo”

“mi hai aiutata, mi hai soccorso, mi hai salvata…”

“e pur sapendo a cosa saresti andato incontro lo hai fatto ugualmente”

“Grazie”

sabato 30 luglio 2005

L'AMANTE

Sono le cinque pomeridiane. Finalmente posso andarmene dal lavoro. E' incredibile quanto attendo quest'orario. Ma motivo di tanta ansia di scappare è dovuto a chi incontrerò tra poco. Mia moglie non sa di questa mia passione e mi guardo bene dal rivelargliela.

E' una cosa segreta e tale deve rimanere. Perché perderebbe il fascino che emanano la sua carrozzeria, i suoi occhi e tutto il resto al quale è meglio non pensare.

Come potrei vivere senza vederla più. So che non sarà mai possibile avvicinarla. Lei è troppo al di sopra di me. Non potrò mai permettermela. Farei qualsiasi cosa per averla ben sapendo che non ci arriverò mai.

Ecco l'autobus. Finalmente sono in viaggio verso lei, l'amata. E' una dolce illusione pensare che stia aspettandomi dietro la vetrina del negozio. Ma che ci volete fare, anche questo fa parte del gioco che esiste tra noi.

Mi rendo conto che la mia è solo una dolce illusione . Chissà chi sarà il fortunato che se la porterà via. Ma eccomi ormai alla fermata che prediligo. Scendendo qua posso ancora giocare un poco con la fantasia prima di sorpassare l'angolo del palazzo dietro al quale mi comparirà lei.

Sono un attimo emozionato stasera, come tutte le altre sere del resto, solo perché fra pochi passi riuscirò a scorgerla in mezzo alle altre.

Ecco che mi avvicino all'angolo della casa, alla mia droga per la vita, al motore dell'esistenza, alle ruote con i cerchi in lega, alle sue portiere con chiusura centralizzata. E il tettuccio apribile elettricamente. Al volantino antiscivolo con il simbolo in bell'evidenza.

E le prese d'aria laterali con quelle decine di alette. E su tutto trionfante quel bel rosso corsa che completa ed esalta il tutto permeandola fin nei più angusti recessi. Fra poco sarò ancora davanti ai suoi fanali ammiccanti. Io e lei, separati soltanto dalla vetrina del concessionario. Aspettami, Ferrari Testarossa, fra poco sarò ancora da te.