In questo blog cercherò di inserire tutto quello che scrivo e/o mi sembra interessante evidenziare riguardo all'affascinante mondo della scrittura. I concorsi letterari a cui partecipo e relativi scritti, ma anche esperienze di vita che diventano brani di "letteratura" da condividere.
lunedì 29 luglio 2013
L'UVA CARICA D'ALCOL AL TG1 (non alla 7Gold, con tutto il rispetto).
L'UVA CARICA D'ALCOL
Al tg1 delle 13:30 del 26 luglio 2013 hanno passato ogni limite di ignoranza possibile.
State attenti o voi ladri di uva.
Non date più da mangiare ai vostri bambini nessun acino che poi me li portate su una brutta strada.
Vengo al fatto.
Tg1 delle 13:30 (lo so che non dovrei ma non vedo più la7... e mi devo contentare).
Servizio sulla tragica esplosione della fabbrica di fuochi artificiali avvenuta ieri vicino a Pesaro.
Fanno vedere che alcuni mattoni sono stati scagliati fino all'agriturismo di fronte.
Poi vanno avanti affermando che :
"Il primo pensiero dell'agriturismo è stato mettere in sicurezza il vigneto...."
E fin qui tutto regolare, ma poi è arrivata la bomba che ti fa pensare che non possiamo farcela a uscire da dove siamo caduti.
"...L'uva infatti, carica d'alcol, poteva incendiarsi".
L'uva carica d'alcol... nei suoi bei grappoli ancora attaccati alla pianta.
E con questo caldo potrebbe anche andare in autocombustione non lo dite ?
Ma chi li scrive i testi al tg1 ?
Del resto non avendo detto nulla di quello che prevede il decreto del fare (poco) un'altra strz dovevano dirla.
E qui trovate le "prove".
http://frecciate.altervista.org/televisione/386/luva-carica-dalcol/
domenica 28 luglio 2013
Non entrate in quella pizzeria.
Ambiente freddo, riscaldato malamente (apprezzo l'inutile tentativo di averci provato) con funghi da esterni, mentre eravamo all'interno di un salone.
Pareti da day after, nere e sporche.
Un sacco di camerieri si aggirano avanti e indietro, molti di più dei cliente presenti.
Ma non basta, ci sono anche i pizzaioli...i 2 pizzaioli mi hanno ricordato i cuochi che ho avuto durante il periodo militare. Per capirsi... nella loro camerata non entrava nessuno a causa dello stato igienico in cui versava.
E poi ci sono i cuochi e i lavapiatti !!!
Come faranno a pagare tutta sta gente viene da chiedersi... ma non ce lo chiediamo.
E arrivano gli antipasti misti che uno li mangia perché sono fritti e ha fame, ma da un ristorante ci si aspetta di meglio.
lunedì 1 luglio 2013
IL RACCONTO IN 10 RIGHE da un’idea di Pierluigi Papi - 2013
mercoledì 11 maggio 2011
Coincidenze
«Brigadiere - esordisce Teresa Manfredi al telefono - da due giorni sento una musichetta».
«Una musichetta? Dove?»
«Nel bosco di fianco a casa. Arriva da lontano e assomiglia a quella del telefonino di mio figlio.»
«Non è andata a vedere?»
«Brigadiere, io ho 85 anni e il suono arriva dal fondo di un canalone... Mio figlio, che viene due volte alla settimana, mi ha detto di lasciare perdere, che non sono affari miei...»
«L'ha detto a qualcuno? Dico qualcuno che possa andare a dare un'occhiata»
«E a chi lo dico? La mia è una casa isolata. Con me c'è solo mia sorella che è anziana anche lei. E poi ormai se ne fregano tutti. Insomma, io il mio dovere l'ho fatto...»
“Grazie della segnalazione signora Teresa, provvediamo noi a verificare”.
Il Brigadiere posa lentamente la cornetta del telefono. Rimane un attimo a fissare la parete di fronte pensando ai due giorni trascorsi.
“Nicolaaa” urla infine al carabiniere che, nell'ufficio accanto, sta litigando con una vecchia macchina da scrivere.
Non c'è bisogno di una risposta, quando il brigadiere Imparato Gabriele chiama con quel tono di voce, Nicola corre.
“Sono qua...”.
“Che stai facendo ?”.
“Sto cercando di battere una lettera ...” non lo fa finire.
“Va bene, va bene, puoi lasciare perdere allora e andare a prendere fuori l'auto. Aspettami giù che arrivo subito.”
Il Brigadiere va a scartabellare nell'archivio del protocollo. Cerca qualche denuncia recente, qualche persona scomparsa da poco. A memoria non ricorda nessuno.
La Punto con il motore acceso con Nicola alla guida è già pronta fuori dal cancello della piccola caserma. Non gli resta che indicare al piantone che sarebbero andati a trovare le due sorelle in cima al monte Ricco e partire, quando squilla il telefono.
Al piantone fa cenno con la mano e mima con la voce “se è il Capitano non passarmelo”.
“Si, è qua, va bene Capitano, glielo passo subito” senza esitazione alcuna il sottoposto.
“Buongiorno Capitano, mi può scusare un attimo ?” e rivolto al piantone con sguardo di rimprovero per avergli comunque passato il Capitano “vai a dire a Nicola che spenga l'auto che mi esaurisce la benzina”.
Torna al telefono e il Capitano lo incalza “Bravo Imparato, dobbiamo risparmiare. La chiamavo proprio per questo”.
Il Brigadiere si rimette a sedere sospirando “Dica pure” immaginando che cos'altro gli dirà di tagliare.
“Vedo qui davanti a me la sua richiesta firmata per un'auto a...” e dopo una pausa ”... quattro ruote motrici...?”.
“Il colpevole sono io. Qui in collina a volte capitano degli interventi in zone in cui la nostra storica Punto non riesce proprio ad arrivare...”.
“Capisco, capisco...” fece una pausa “Ma lei deve capire me, questi soldi non ci sono, e lei lo sa che è inutile fare delle domande di cui è certa la risposta negativa” e passando ad un tono di voce perentorio ”Con questo atteggiamento fa solo perdere tempo a tutti”.
“Ma Capitano, anche adesso mi hanno chiamato dal...” lo interrompe nuovamente “Non ha importanza dove, lei andrà a compiere il suo dovere” e in tono consolatorio “Perché sappiamo che il suo dovere lo farà con i mezzi che ha a disposizione”.
Il Brigadiere aveva già sentito questi discorsi mille volte. Capisce che non è neanche colpa del Capitano. Con ogni probabilità anche a lui venivano fatti, più o meno, gli stessi rimproveri.
“Va bene Capitano, vedrò di fare con quello che ho, però … “ non riesce a dire altro. Il suo superiore ha già interrotto la comunicazione.
Si rivolge quindi al piantone “Non ti avevo detto di non passarmelo ! Con te facciamo i conti dopo”.
“Ma Brigadiere... mi scusi ma il Capitano mi ha detto di passarle la telefonata anche se lei mi avesse detto di non esserci...”.
“... Perfetto ! Vado via”.
Arrivati alla casa della signora Teresa Manfredi, mentre Nicola va a suonare il campanello, il sottufficiale rimane fuori e si dirige verso quello che ritiene il canalone della musichetta.
Pur tra i rumori della boscaglia primaverile, si distingue un suono metallico, simile a quelli di tanti cellulari.
Il canalone è una vecchia mulattiera su cui in passato circolavano muli sbuffanti carichi di legna da ardere. La discesa non è delle più agevoli, adesso ci passano solo i fuoristrada. A lui non resta che farsela a piedi.
“Brigadiere, dov'è andato ?” gli urla il carabiniere Nicola dall'alto pochi minuti dopo.
“Sto scendendo a vedere, vienimi dietro” gli rimanda in risposta.
Tutto quel gridare zittisce i rumori della boscaglia. Gli alberi fitti hanno creato una barriera alla luce del sole mattutino. Si trova infine immerso in un ansa fredda e buia e silenziosa del canalone. La quiete momentanea esalta la suoneria che trilla per un po', poi si zittisce, e dopo una decina di secondi ricomincia da capo.
Scende ancora per un una decina di metri della sempre più impervia strada. Fino a che da dietro un masso in arenaria di poco più grande degli altri, posto in un allargamento della strada di quelli utili per consentire una sosta, ricomincia a squillare la suoneria. Quando volge lo sguardo in direzione del suono, non può non notare le gambe stese che spuntano dal lato sinistro del masso. Si avvicina e aggira l'ostacolo fino a vedere il corpo.
Pur abituato a cadaveri mutilati da violenti incidenti stradali, il ribrezzo lo colpisce allo stomaco. Due giorni e gli innocenti animali del bosco avevano lavorato molto sull'uomo.
Mentre sopraggiunge Nicola, sta asciugandosi la bocca.
“Torna su subito, chiama dentro e dì che avvisino il procuratore di turno, il medico legale e tutta la trafila solita”.
“Ma Brigadiere... chiamiamo con il cellulare...”.
“Non c'è campo”.
“Ma allora quel trillo? … Non sente che sta suonando ?”
“Possibile che nessuno si fidi si quello che dico !” Sbotta il Brigadiere visibilmente incazzato. “Ho già controllato, non lo stanno chiamando, è un lettore mp3 e sta suonando un brano in loop, si sarà guastato”.
“Brigadiere... non ho capito nulla ma obbedisco, torno su e chiamo con la radio”.
“Ecco, bravo, vai su”.
Rimasto solo non rimane che iniziare a dare un'occhiata, la morte non è stata accidentale. Nel cadavere, pur martoriato, è evidente la causa della morte. La fucilata da distanza ravvicinata ha lasciato un marchio indelebile.
Ma come ci sia arrivato in quel canalone con un vestito completo scuro, camicia azzurra, cravatta grigia, scarpe nere lucide, una valigetta da rappresentante vicino a lui, aperta, con fogli sparsi attorno. Raccoltone uno vede che riporta grafici e note per lui incomprensibili. La carta intestata reca il logo di una nota banca.
“BLAMM” Sente un colpo di fucile provenire dalla direzione della casa.
Ancora “BLAMM”.
Un secondo colpo.
Estrae la pistola dal fodero, toglie la sicura e inizia a correre tornando verso l'alto. La salita è troppo ripida per le qualità sportive del nostro Gabriele e la corsa scema velocemente verso una camminata sempre più lenta.
Il cuore gli batte all'impazzata, deve fermarsi. Decide che l'indomani avrebbe ricominciato a fare un po' di ginnastica.
Riparte piano e quando arriva a metà della risalita “BLAMM” un terzo colpo di fucile.
Arrivato in cima non nota nulla di strano. Chi aveva sparato e a chi aveva sparato non era dato di capirsi.
Decide di prendere fiato e guardarsi in giro. Davanti alla porta della casa giace un corpo, una della due anziane signore, da lì non si capiva chi poteva essere.
“Nicolaa, dove sei ?”
“Brigadiereee. Mi hanno sparato. Stia giù e faccia attenzione alla finestra in alto a destra” non capisce da dove lo chiama, non vedendolo.
“Non riesci a chiamare con la radio ? “Il Brigadiere non fa in tempo a finire la domanda che dalla finestra “BLAMM” un altro colpo parte verso di lui ferendolo al braccio sinistro. Un colpo partito da un fucile da caccia. I pallini di piombo gli penetrano in più punti e la manica della giacca incomincia a macchiarsi di sangue.
“BLAMM” altro sparo.
“Nicolaa, han tirato a te ?” urla il sottufficiale.
“No, Brigadiere”.
Che continua “Per risponderle alla domanda di prima... ho chiamato la caserma e fra poco saranno qui”.
“Non ci resta che aspettare” pensa il Brigadiere, la sua ferita non è poi tanto brutta. Nel frattempo decide di provare a far arrendere l'assassino.
“Mi sente ?” Urla con tutta la voce, rivolto alla finestra in alto.
“Si arrenda, non peggiori la situazione, ha sentito? Stanno arrivando i nostri colleghi”.
Ma non arriva nessuna risposta.
E decide per una sortita.
Comincia a gattonare più o meno protetto da una siepe bassa, sempre con gli occhi fissi sulla finestra pericolosa. Il braccio non gli dole molto.
L'adrenalina lo sta aiutando.
Arriva alla porta d'ingresso. L'uscio è solo accostato.
La signora riversa davanti è la Teresa Manfredi. Respira. E' solo ferita, da capire quanto, ma ancora in vita.
Dà una spinta alla porta. Non c'è nessuno nel corridoio d'ingresso. Si intravvede sulla destra la scalinata che porta al piano di sopra.
Il Brigadiere entra e nota che in cima alla rampa c'è un altro corpo adagiato sugli ultimi gradini. Dalla corporatura non può essere che la sorella.
La fucilata le ha portato via una parte della testa e non sarà facile identificarla.
Sente il dolore nel braccio ritornare, si sta rilassando.
Salendo le scale trova una doppietta da caccia. E' rotolata oltre il corpo e si è fermata due gradini sotto.
Fa un circospetto sopralluogo in casa, ma come pensava, non c'è più nessuno.
“Nicolaa, vieni a darmi una mano... è tutto finito”. Chiama dalla finestra in alto.
Una volta dimessa, Teresa è convocata in caserma per raccontare la sua versione dei fatti.
“Dopo il vostro arrivo, mia sorella è stata presa dal panico. Ha preso in mano la doppietta sparando prima al vostro carabiniere. Poi mi ha spiegato cosa aveva combinato nei giorni precedenti, e quando ho tentato di fuggire ha sparato anche a me”.
“Dica pure a noi allora” la invita il Capitano vedendo che la signora non prosegue.
E lei continua “L'uomo morto nel canalone era quello che seguiva i nostri investimenti, avevamo due soldi, sapete com'è”.
“Certo, vada pure avanti”.
“Un paio di giorni prima, io non ero presente essendo in ospedale con mio figlio, era passato spiegando a mia sorella
- a malincuore, mi dispiace tanto di aver perso tutti i vostri risparmi, investiti in una banca che è fallita, non è colpa mia, è la crisi ! -”
“Mia sorella mi ha raccontato che è andata nella stanza accanto e, invece di portargli il tè con i biscotti, ha preso il fucile, l'ha caricato, è tornata da lui e... gli ha sparato...”
“evidentemente solo ferendolo, l'uomo poi, preso dal panico, è disceso giù per il canalone... e la è rimasto” conclude il Capitano.
“Già, sarà andata così” annuisce contrita la vecchietta.
Il Capitano sta per congedare Teresa, ma al Brigadiere rimane una domanda.
“Aspetti Teresa, ci sono un paio di particolari che non mi tornano”.
“La denuncia circa il possesso dell'arma è intestata a lei, ho controllato, e lei dovrebbe custodire la chiave dell'armadietto in cui è custodita... o sbaglio ?”.
“... certo, è così... capisco... ma non è che la tengo sempre in tasca” titubò la Teresa.
“Abbiamo anche sentito l'agenzia presso cui lavorava il … defunto, e ci hanno confermato che lei aveva telefonato per fissare l'appuntamento” continua il sottufficiale.
“Mia sorella aveva paura del telefono. Lo uso solo io” risponde Teresa.
“Quindi non le pare perlomeno bizzarro che proprio il giorno in cui aveva preso appuntamento con il broker abbia lasciato la chiave incustodita e se ne sia andata via con suo figlio ?”
“E' una cosa grave ?” dice Teresa mentre volge lo sguardo verso il Capitano.
Che gli risponde guardando il Brigadiere “Via Imparato, cosa va a pensare, non siamo in uno di quei gialli americani”.
Poi rivolto alla signora “Vada pure signora Manfredi”.
“E' tutto a posto allora ? Posso stare serena ?“.
“Certo, stia tranquilla. Sono solo spiacevoli coincidenze”.
domenica 25 luglio 2010
Presentazione e motivo dell'esistenza dell'ennesimo blog che parla di scrittura.
I concorsi letterari a cui partecipo e relativi scritti, ma anche esperienze di vita che diventano brani di "letteratura" da condividere.
Ma soprattutto mi serviva un punto in cui salvare tutto quello che scrivo per non trovarmelo sparso per i vari hard-disk senza una successione temporale almeno decente.
giovedì 21 maggio 2009
L’ARENA
Beppino aveva fortemente voluto presenziare all’inaugurazione della nuova Arena.
Il vecchio
cinema/teatro che dopo tante fatiche e molti rinvii era
finalmente tornato, se non ai fasti, almeno alla splendore che aveva vissuto
tanti anni prima. Beppino ricordava bene cos’era accaduto nei lontani anni ’60.
Era arrivata la televisione nelle case degli italiani. La televisione che aveva
rubato sempre più spettatori al teatro. Fino ad abbandonarlo, prima diventando
solo un cinematografo estivo, poi degradandolo sino a renderlo utile unicamente
come sede dei giardinieri comunali. L’aveva visto soffocare sotto alle piante e
agli arbusti lasciati impunemente liberi di crescere. Erano invecchiati
insieme, nel corpo come nello spirito, ed entrambi dimenticati. La vecchia
struttura vista dal viale delle terme, con l'intonaco scomparso in larghe zone,
sembrava ormai uno scrostato e desueto silos di granaglie, residuo di una
archeologia industriale rimasta eretta in mezzo alle modernità.
Beppino sempre seduto sulla
panchina sotto alla struttura, poteva sembrare abbandonato da qualche parente
poco attento. Ma così non era. La sua era una scelta. Le sue storie di grandi
allestimenti teatrali erano sempre tra le più gradite quando ci si ritrovava e
i nipoti lo cercavano per farsi raccontare della sua vita.
E quella sera li aveva convinti a
recarsi assieme a lui. Solo Giovanni, il nipote maggiore, non si vedeva, era
giovane e con una nuova fidanzata con due gambe che nessuna arena avrebbe mai
potuto eguagliare. Però lo avrebbe rimproverato, almeno un po’, e ne avrebbero
riso assieme. Le luci dell’illuminazione presero sempre più il sopravvento
sulla luce naturale che andava scemando insieme al sole settembrino che si
nascondeva all’orizzonte. E di pari passo l’emozione di Beppino saliva
facendolo sudare nonostante la frescura del tramonto. La serata era dedicata
alla riapertura dello storico complesso appena ristrutturato “L’edificio
concepito come teatro estivo all’aperto…” iniziò il primo dei relatori.
Si susseguirono poi testimonianze e
discorsi politici “…durante il secondo conflitto mondiale, fu gravemente
danneggiato…”.
Roboanti politici e presidenti di
una qualche azienda, non mancarono di tessere le proprie lodi nell’aver trovato
i soldi. Storici affermati descrissero l’accuratezza dell’opera di restauro
eseguita. Tutti parlavano del presente e nessuno del passato. E dei momenti
della costruzione? Delle fatiche fatte in quel periodo storico? Beppino era
deluso. Si parlava solo dell’oggi. Voleva andarsene. Stava quasi per farlo ma
la nipote accanto gli disse di aspettare, di portare pazienza. Ormai dovevano
rimanere. La serata non era finita. Tutto poteva ancora succedere. Ma per
Beppino, si diceva sempre fra sé e sé, il saldo stava per arrivare, l’epoca
delle meraviglie era dimenticata, a cent’anni rimanevano solo le sorprese
spiacevoli.
Fino
a che salì sul palco il nipote Giovanni, quello con la nuova fidanzata. Si
chiese cosa accidente facesse la sopra invece di godersela con la fidanzata.
L’avrebbe davvero sgridato.
Giovanni incominciò a parlare
“questa sera siamo qua per onorare una grande persona”.
“bravi
siete stati a lasciare sospeso ogni riferimento rispetto al passato dell’arena,
ormai testimoni diretti ce ne sono ben pochi ed è stato giusto lasciare al
nostro testimone più rappresentativo…” Beppino fissava inebetito il nipote che
parlava al microfono “… a chi ha curato e seguito gli importanti lavori della
costruzione. Eseguiti per di più in un periodo storico in cui un fascio male
apposto su una colonna faceva perdere il lavoro e la libertà”
Beppino era incollato alla sedia,
stringeva le braccia delle nipoti a destra e a sinistra. Le serrava talmente
forte da far loro male.
“L’edificio fu costruito tra il
1933 ed il 1935, In un periodo in cui chi aveva lavorato per loro diventava di
quella pasta, e veniva di conseguenza trattato.”
“Quando invece in locali segreti
dello scantinato trovarono rifugio tanti nemici del regime. Costruiti sfidando
le gerarchie fasciste. Stanze che salvarono la vita a innumerevoli persone.
Spazi che quando furono scoperti costarono al progettista prima la galera e poi
la deportazione in un campo di concentramento in Germania.”
“Quanto ha sofferto in quegli anni,
e quante storie ci ha raccontato per non farci dimenticare, cercando di
insegnarci le sue idee senza essersi mai pentito di quello che aveva fatto”.
Beppino era in trance. Ricordava
tutte le storie che aveva raccontato ai nipoti con la paura di diventare
noioso. I sensi concentrati in un unico fascio di nervi. Dopo tanti anni di
sofferenza prima e di indifferenza poi. Quando ormai non aspettava altro che il
grande passo. In quella sera di tarda estate suo nipote gli stava dedicando la
sua serata.
“.sono orgoglioso di averlo
ascoltato e di esserne il nipote” finì Giovanni invitando tutti ad alzarsi e ad
applaudirlo.
Beppino venne inquadrato dalle luci
e quando l’applauso divenne assordante, infine, si alzò per goderne appieno. E
mentre si alzava desiderò che tutto si fermasse a quel momento.
In quel lungo applauso.
sabato 21 giugno 2008
Chi ha usato questo letto - concorso Scritto in una notte 2008
Il letto era sfatto, maleodorante, impregnato di chissà quali sostanze e sicuramente di alcool di cattiva qualità. Il mio socio buttò il suo lapidario “la solita storia”. E con questo voleva dire che non vedeva l’ora di andarsene. In effetti non c’era un granché da fare in quella stanza. Quello che era successo ormai non poteva essere cambiato dalla nostra presenza.
Questi fatti accadevano già da diverso tempo. Stanze d’albergo abbandonate improvvisamente dagli occupanti. Di solito ci chiamava il proprietario per denunciare la fuga dei clienti senza aver pagato. E fin qui nulla di strano. Apparentemente. Ma questi casi erano uniti da un filo conduttore. Ne ero convinto. Al mio socio, Gaetano, invece non fregava nulla e non vedeva l’ora di andarsene. Altri casi “più importanti” ci chiamavano al dovere.
Fare l’agente della Polizia Municipale di Castel San Pietro Terme, d’ora in avanti chiamato CSPT, era il nostro compito. Pattugliare di notte, con il rilevatore radar a distanza, le velocità dei ventenni in giro per il territorio era la nostra missione, fermare per i controlli di routine solo le belle ragazze il nostro mandato. Passarono alcuni giorni e tra una multa e un ritiro della patente, tra un controllo delle frecce indicatrici di direzione e l’identificazione di un possibile immigrato clandestino (somigliantissimo a Bin Laden, tra l’altro, e finito come articolo di colore sul Carlino) ci eravamo quasi scordati dei casi dei letti abbandonati.
Ma quando ci chiamò anche l’hotel Castello per un fatto analogo chiesi al comandante di essere inviato a fare indagini. Le altre volte, era già il quinto caso in cinque hotel diversi di CSPT in due mesi, nessuno aveva svolto sopralluoghi. Il budget delle multe per rimpinguare il bilancio comunale doveva essere raggiunto, e nessuno aveva tempo che per la sicurezza stradale.
Neanche stavolta sarei stato inviato. Giocai la carta del bastardo buono e dissi la frase magica “un giornalista mi ha chiesto riguardo alle multe…mi aspetta al bar all’angolo…, che faccio ?”
Non feci in tempo a finire la frase che eravamo già stati spediti con il mezzo più importante a nostra disposizione: il Range Rover quattro ruote motrici. Non si sa mai che arrivi un’inondazione mentre percorriamo il viale delle terme.
All’hotel si erano attenuti alle disposizioni che avevo impartito via telefono. L’addetta alla reception ci assicurò che nessuno aveva toccato nulla. Anzi erano impauriti da tanta attenzione, direi quasi insospettiti che ci fosse davvero qualcosa di grosso. Magari un elemento ingombrante della politica locale. A dar credito che davvero ci fosse qualcosa di importante, come spuntato dal nulla, mi ritrovai pure un giornalista del Castellano.net che chiedeva informazioni. Lo squadrai. Ci guardammo. Per alcuno istanti… che parevano non finire mai… tutto rimase sospeso. Fino a che il mio socio parlò “ci farebbe un caffè” rivolto alla barista del bar dell’hotel.
Prendemmo il caffè tutti e tre insieme mentre pensavo “ma quanti giornalisti ci sono in giro se ne ha uno pure il Castellano.net ?” “Avranno stipendi notevoli per fare un lavoro del genere, altro che il vigile urbano”. Stavo quasi per chiedergli qualcosa al riguardo quando iniziò la solita discussione su chi avrebbe pagato i caffè. Alla fine pur di sgomberarci dal bar ci offrì tutto, compreso un cornetto alla crema, la proprietaria dell’hotel.
Impedii al giornalista di seguirmi, ma essendo già sul posto e per non insospettirlo dovetti far finta che non fossi turbato dalla sua presenza. Gli promisi che gli avrei riferito quello che la legge mi consentiva, ma che sul luogo del “delitto” non poteva avvicinarsi nessuno tranne le forze dell’ordine. Il mio socio mi traguardò da capo a piedi e sembrò quasi che avessi acquisito una nuova positiva e entusiasmante immagine nei suoi riguardi.
“Gaspare deve aver guardato troppi Starschi e Hutch” pensò il mio socio “ma diamogli ragione”
Il sopralluogo non ci disse niente di particolare. Chiesi alla bionda e conturbante cameriera ucraina se avesse notato qualcosa di strano. Niente, quando era montata lei erano già spariti. Mi stupì Gaetano che gli volle fare una domanda. Gli chiese “cosa fai stasera ?”, lo trascinai via mentre cercava di scrivere il suo numero di telefono su di un panno antipolvere.
Domandammo alla proprietaria, ma non li aveva visti perché erano arrivati verso le 23 quando non era presente. Solo il portiere notturno poteva dirci che aspetto avessero. Ma aveva smontato alle 7 ed era irraggiungibile, partito per le ferie in autostop, senza telefonino. Tipo alternativo il portiere o inaccessibilità programmata?
Le indagini si arenavano qui. Il comandante mi chiamò al cellulare per sapere se avevamo finito. Che potevo dirgli. In pratica non avevamo neanche iniziato. Stavo per chiedere un’intervento del Ris per esaminare le sostanze sul letto, risalire al DNA, etc, etc. ma forse era meglio tornare alla base.
Congedai il giornalista del Castellano.net promettendogli che se ci fossero stati sviluppi avrei senz’altro provveduto ad informarlo. Neanche Kojac avrebbe sbolognato così elegantemente un asfissiante cronista d’assalto di nera.
Nel pomeriggio ero alla scrivania dell’ufficio quando entrò un vecchietto di … avrà avuto ottanta anni. Chiedeva di quello che indagava sulle sparizioni degli hotel. Lo spedirono subito da me. L’efficienza della pubblica amministrazione, subito da me senza farlo aspettare. Che colleghi efficaci. Ditelo a Brunetta.
Comunque, quando fu certo che nessuno ascoltava, mi raccontò di un fatto inquietante. La sera prima si era recato presso l’hotel Castello in compagnia di un’amica. Ci tenne a dirmi che aveva trenta anni, l’amica. E che mentre chiacchieravano sul letto matrimoniale dalla stanza accanto avevano sentito dei rumori. Cercai di fermarlo dal raccontarmi quello che madre natura sicuramente aveva agevolato nella stanza accanto.
“mi ascolti” mi disse “so benissimo quello che succede nelle camere d’albergo…” mi guardò ammiccando e tirò fuori la foto di una bella ragazza “la mia amica”. Non so come ma sbucò Gaetano facendo immediati apprezzamenti. Vedi i colleghi, sembra non gli interessi nulla e invece…
“Ma ieri sera è accaduto altro” la cosa mi iniziò a incuriosire “ieri sera dopo i soliti gridolini etc,etc, che ormai riconosco, all’improvviso, come se fosse caduto un muro, è calato un silenzio assoluto”
“tanto che la mia amica Tatiana, si è impaurita e … capisce com’è…”
“dica, dica” interloquì Gaetano, presenza inaspettata anche se un po’ monocorde, mentre guardava ancora la foto di Tatiana contendendola all’arzillo vecchietto
“non ha più voluto saperne, e va bene i prezzi modici…”
“dell’albergo ?” chiesi
“non solo quelli, e certamente lo sono, no intendevo…”
“quanto ?” lo incalzò Gaetano, ma la conversazione si stava complicando e la chiusi che neanche il tenente Colombo avrebbe saputo fare di meglio
“quindi cos’è successo ?” intimai risoluto
“non è successo nulla, ho dovuto pagare capra e cavoli, e non è accaduto… nulla” gridò disperato
“dovete impedire che capitino fatti del genere, voi tutori dell’ordine … aiutateci” fu l’ultimo grido di dolore che fece mentre veniva trascinato via da misteriosi uomini vestiti di nero.
E questo mi inquietò alquanto.
Gaetano rimase con la foto della ragazza, mi chiese se era il caso di rintracciarla visto che dietro era vergato un numero, in apparenza telefonico.
“d’accordo, procedi, questa storia sta diventando scottante” provai a spiegarlo al capo, ma ci attendeva un inaspettato lungo turno di guardia all’autovelox e dovemmo rimandare.
I turni all’autovelox erano i più massacranti che avessimo mai fatto. Continui e ripetitivi giorno dopo giorno. Non ci lasciava il tempo di fare altro. Sembrava quasi che ci volessero punire per qualcosa. Ma cosa? Dopo un settimana, una mattina, mentre eravamo fermi all’altezza di Gallo Bolognese, nascosti dietro alla cabina dell’Enel, si fermò un’auto bianca con vetri oscurati. Si abbassò il finestrino e dal buio dell’interno una voce ci sussurrò qualcosa … che non capimmo. Era troppo bassa la voce e troppo alto il rumore del traffico della via Emilia. L’auto bianca se ne andò e ancora oggi non sappiamo cosa ci avessero voluto dire quel giorno.
La settimana successiva eravamo a Osteria Grande all’altezza della Chiesa quando si fermò un’auto nera, si abbassò il finestrino e dall’interno ci chiesero “Where is CSPT ?” ma noi non capendo le lingue straniere non sappiamo ancora oggi cosa ci avessero chiesto.
La settimana susseguente mentre cambiavamo l’ennesimo rullino fotografico dell’autovelox sotto le variopinte e diciamo pure divertenti, se non che rivolte a noi, maledizioni degli automobilisti di passaggio, si fermò un’auto. Ne discese un personaggio che avrebbe lasciato il segno. Non chiedetemi come potesse saperlo ma era li per noi. Avevamo di fronte un signore sulla quarantina, indossava buone e consumate scarpe da trekking, zaino capiente, pallido quanto basta per capire che lavorava di notte e dormiva di giorno o che non gli piaceva prendere il sole, vedete voi.
“ho saputo che mi avete cercato all’hotel per un fatto avvenuto tre settimane fà” esordì. Era sicuramente il portiere presente la notte della sparizione all’hotel Castello.
La chiave di volta era di fronte a noi. Eravamo già convinti di poter risolvere il giallo dei letti abbandonati. Il comandante non avrebbe più riso di noi. Ci avrebbe tolto da questi turni massacranti pareggia-bilancio.
Pure Gaetano lo vedevo contento mentre cercava il panno antipolvere della cameriera.
Tutto avrebbe avuto un senso e finalmente avrei potuto dormire tranquillo.
“sono stato in viaggio senza mete precise, e in autostop occasionali sono arrivato fino a Capo Nord” iniziò il portiere
“poi visto che non c’era niente da vedere, ma perché ci vanno tutti mi sono chiesto, sono tornato indietro”
“sono stato fino in Libia, non mi lavavo da una settimana e quando sono rientrato mi hanno preso per immigrato clandestino e sbattuto in un CPT”
“sono arrivato in Turchia proprio mentre la loro nazionale perdeva la finale degli Europei di calcio contro l’Italia e le ho prese dagli ultras turchi”
“Ho vagato in autostop per tre settimane per dimenticare quello che è successo quella notte…” continuò il portiere
Pregustai questo momento dilatando il tempo in cui mi stava davanti pronto a raccontarmi.
Potrei dire che avevo l’acquolina alla bocca come se stessi per addentare una mela saporita.
“… e devo dire che ci sono riuscito” continuò “ ne ho prese tante che non so più neanche chi siete voi”
E se ne andò via in autostop con il primo che lo prese su, ora vivono insieme in un auto in sosta nel parcheggio della RVB cosmetici.
Gaetano capì che, se avesse voluto finalmente telefonare alla cameriera, dovevamo risolvere il caso.
Troppe incongruenze e assurdità in una storia sola. La misteriosa sparizione, il vecchietto, gli uomini in nero, le auto con strani e/o silenziosi messaggi, Brunetta, il Ris, il giornalista del Castellano.net, le multe a migliaia, il Range Rover, il comandante, tutto mi girava intorno senza un senso apparente. Ma qualcosa era incongruo. Lo sentivo. Scoprirlo avrebbe risolto il caso. Marlowe lo avrebbe già fatto.
Gaetano intanto si era portato avanti telefonando alla cameriera e accordandosi per la sera stessa. Io solo rimasi a frullare tutti questi elementi cercando il bandolo della matassa.
E finalmente capii cosa non andava. Ma andiamo per ordine e ricapitoliamo.
Brunetta che vuole far lavorare i dipendenti pubblici? Follie visionarie anche solo pensarlo.
Il vecchietto con la trentenne? qualcuno avrebbe da ridire ma contenti loro…
Le multe? Ne facciamo davvero tante nel nome della sicurezza stradale.
Il Range Rover? Può servire in certe strade disagiate.
Pensateci bene. Nel frattempo, nella migliore tradizione dei gialli di Ellery Queen o di Nick Carter, ho convocato tutti i personaggi coinvolti nella hall dell’hotel e a loro mi rivolgo.
“ho studiato attentamente il caso e posso dire di averlo risolto”
“chi non poteva essere quello che diceva visto che il Castellano.net non ha un giornalista stipendiato ma solo volontari operosi?
“chi è arrivato prima di me all’hotel Castello e da chi è stato avvisato?
“si, mi rivolgo a lei cara la mia cameriere ucraina”
“è inutile che si volga in giro cercando l’aiuto di Gaetano, dovevo capirlo subito che ha cercato di circuirlo per averne i favori e magari conoscere l’andamento delle indagini”
“povero Gaetano, non ci ha voluto credere fino a che non gli ho sbattuto in faccia le prove, l’intercettazione telefonica”
“è a casa che si dispera e cerca nella spazzatura la rubrica telefonica che per lei aveva buttato, un gesto del genere in un uomo non è facile da vedersi”
“e lei caro falso giornalista, come ha potuto comportarsi in questa maniera, atteggiarsi ad amico inscenando anche la pantomima per pagare il caffè”
“volevate divertirvi senza pagare le camere in cui andavate”
“lei si faceva assumere, ho controllato negli altri alberghi di CSPT, e poi quando era di turno chiamava il nostro falso giornalista per nottate lussuriose”
“le cose andavano avanti fino a che per qualche motivo dovevate frettolosamente abbandonare la camera prima che lei potesse risistemarla.
“fino a che quella notte avete pensato che il vecchietto avesse sentito cosa succedeva e siete scappati via, in fuga silenziosa e precipitosa, denunciando la sparizione di immaginari occupanti.”
“Cosa avete da dire ?”
“santo Berlusconi, le intercettazioni telefoniche sono illegali !!!”