lunedì 1 giugno 2015

INVERNO

AVVISO IMPORTANTE
Vista il tema affrontato, la lettura del racconto è sconsigliata a minorenni o a persone facilmente impressionabili.

Menzione speciale Concorso internazionale per racconti brevi Premio letterario “La Valle delle Storie”

INVERNO

Stella si trascinava sulle stanche gambe. La neve le arrivava fino al ginocchio e, pur essendo passati pochi minuti dalla sua fuga dal capanno in mezzo al bosco, era faticoso proseguire. I suoi aguzzini, stanchi, ubriachi d’alcool e di altre sostanze, erano crollati a terra senza far caso al lucchetto, aperto, nella catena di Stella. L’avevano legata in fretta e male. La porta d'accesso non era chiusa.
Non avrebbe voluto andarsene da sola. Sarebbe voluta scappare con le altre due ragazze. Ma i loro lucchetti non erano aperti. Le aveva lasciate dicendole che sarebbe tornata per liberarle.

Tutto era iniziato sei mesi prima. Aveva partecipato ad un concorso di bellezza nella sua Albania. I  vent’anni e le forme giuste avevano vinto. Gli organizzatori le avevano proposto una tournée in Italia.
In patria il lavoro non c'era e le avevano promesso che in Italia avrebbe trovato “sicuramente” qualcosa d’interessante. Conoscevano persone che cercavano ragazze giovani e di bell’aspetto per presentazioni di prodotti, per fare da hostess in fiere e cose del genere. Stella conosceva anche l’italiano e questo sarebbe servito.
“magari ti trovi un bel ragazzo italiano che ti sposa” le avevano buttato lì.
E di ragazzi italiani ne aveva trovato tanti. Per lo più erano ex-ragazzi molto cresciuti. Lei piaceva molto agli uomini e il lavoro in Italia non le sarebbe mai mancato.

Appena sbarcata dalla nave e sistemate le pratiche per l’ingresso alla dogana, il tizio che l’accompagnava le sequestrò il passaporto. Non rivide più né lui né il documento.
La prelevarono invece due uomini con un’auto di grossa cilindrata.
Durante il viaggio non fecero caso alle sue lagnanze. Almeno fino a quando non minacciò di andare alla polizia. Allora l’auto si fermò in una stradina appartata e, dopo averla picchiata e violentata, i due uomini le dissero di fare la brava che nessuno si sarebbe fatto del male.
“In fondo si vede che ti è piaciuto” le disse il più grasso dei due mentre si tirava su i pantaloni “ti abituerai presto” concluse.
Dopo un lungo viaggio la portarono in un appartamento alla periferia di una qualche città che non conosceva. La tenevano segregata in casa all'interno di una stanza chiusa a chiave e con le finestre oscurate. Le prime volte si ripresentarono i due accompagnatori. Stella piangeva e strillava. Ma nessuno venne mai ad aiutarla.
Fino a che l'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio. Smise di urlare e lasciò fare.
Cominciarono a venire uomini sempre diversi. Alcuni gentili e timorosi. Alcuni brutali come i suoi magnaccia. Ma ormai non ci faceva più caso. Meno si lamentava e prima finiva il supplizio, questo aveva capito. Più era brava (tra virgolette) e meno duravano. La cosa andò avanti per mesi. Non sapeva più neppure in quale giorno della settimana e in quale mese si trovasse.
Finché un pomeriggio la prelevarono. La portarono in una luogo sontuoso con un lungo viale alberato immerso in un parco secolare che portava dal cancello d’entrata fino alla villa. Cominciò a nevicare. Alcune signore attempate, che non parlavano né l’italiano né la sua lingua, la fecero lavare e la vestirono con un elegante, e appariscente, vestito da sera.
Infine la fecero accomodare, assieme a una ventina di ragazze, in un salone delle feste. Il luogo era arredato con mobili antichi. Illuminato da luci soffuse. Quadri con personaggi rinascimentali appesi alle pareti sembravano osservare tutto. La colpì l’unico dipinto senza soggetti viventi. Un quadro che rappresentava un bosco innevato con le impronte fresche di qualcuno appena passato.
Le intimarono di non parlare con nessuna delle altre ragazze presenti. Tutte belle ragazze, giovani , snelle e poco vestite, sembrava una sfilata di moda, pensò tra se. Le fecero infine accomodare in un tavolone centrale approntato per la cena.
I posti erano assegnati, le ragazze dovevano sedersi due sedie sì e una no.
Quando entrarono gli invitati, se mai avesse dubitato del motivo per cui era lì, non ebbe più dubbi. Il più giovane aveva non meno di cinquanta anni, ma non era tanto quello ma i loro sguardi, da maiali in calore che ben conosceva, che faceva capire cosa sarebbe successo durante la serata.
I convenuti scelsero a piacimento in quale posto sedersi. A Stella sembrò di riconoscere qualcuno, in patria guardava molta televisione italiana per imparare la lingua.
La cena iniziò. Le ragazze potevano solo rispondere alle domande che qualcuno rivolgeva loro. A Stella in tutta la sera chiesero come si chiamava…, più di una volta. Non sembravano interessati ad altro.
Più che altro discussero tra loro di problemi economici e politici che Stella non capiva. Ogni tanto il suo vicino le metteva una mano tra le gambe afferrandola come per tenerla ferma.
La cena fu molto leggera e breve. Una volta finita i convenuti presero per mano le ragazze che desideravano e si allontanarono verso diverse camere vicine al salone. Stella venne scelta, sola, da due uomini. E con entrambi andò verso una delle stanze attigue. Un’enorme letto riempiva il locale. Ma a questo Stella era abituata. Uno o due non sarebbe poi cambiato molto. Quello che le fece paura fu vedere quegli attrezzi appesi al muro. Fruste, scudisci, aggeggi mai visti di pelle nera lucida.
E le foto.
Appese ai muri, in belle cornici di legno, le foto di ragazze appese a ganci al soffitto. Nude e con impressi i segni di frustate. E il ghigno dei due uomini che erano con lei mentre iniziavano ad indossare gli abiti di pelle nera. “Svestiti” infine le dissero ridendo “se fai la brava promettiamo di non farti troppo male”. Aveva sentito di ragazze che erano sparite misteriosamente. E questo non poteva permetterlo. L’istinto di sopravvivenza le fece prendere in mano un grosso oggetto appoggiato su di un tavolino in stile veneziano. Un piccolo busto in marmo che rappresentava Bacco. Stella era grande, era forte e con questa arma si avventò sui due attempati uomini. Riuscì a colpirne uno prima che arrivassero due corpulente guardie della villa che la disarmarono e la portarono via trascinandola sul pavimento. “Ci rivedremo quando ti avranno domata” le dissero i due mentre le sputavano addosso. Venne chiusa in quel capanno all’interno del parco.

Adesso stava fuggendo immersa nella neve. Una neve sempre più fitta, intensa. Stella era ancora svestita con gli abiti da puttana che le avevano fatto indossare. Il freddo e il vento stavano prendendo il sopravvento sulla sua volontà di scappare da quella vita sbagliata. I fiocchi di neve sibilavano spinti dalla tormenta invernale. Si sentiva sempre meno le gambe nude e immerse in mezzo metro di neve. La stanchezza e la fatica le suggerivano di fermarsi e riposare. Un dolce torpore la stava ormai incoraggiando ad interrompere quella che le sembrava sempre più un'inutile fuga quando le venne in mente un quadro. L'unico senza personaggi. Quello appeso nella villa.  Sembrava rappresentare il suo passaggio in quel bosco. Lei era il personaggio che mancava al dipinto. Nel quadro la neve non era riuscita a colmare le impronte. Lì trovò la forza di reagire. Di  continuare a vivere. Si rialzò e non si fermò più. Riuscendo ad arrivare ad una casa isolata venne accolta da una famiglia di contadini che la curarono e riscaldarono. Vennero a cercarla. “Non abbiamo visto nessuno” risposero. Per la prima volta non venne tradita.
L'indomani andarono assieme dai carabinieri e il resto è cronaca, telegiornali, scandali, sequestri, inchieste, indagini, interrogatori…………..
Insomma… la nostra cancrena quotidiana.

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